L'Ulisse di Joyce e la nuova traduzione di Newton Compton

Ritratto di artista al cubo
Non fatevi idee strane che non sono... idee illiberali, o peggio illiberensi, sul mio conto: io sono assolutamente pro, pro rispetto le maxi offerte, pro rispetto alla diversificazione dei prodotti, dei prezzi e via discorrendo, quindi posso andare solo a nozze se per l'attuale legge vigente sul copy right, dal primo gennaio 2012 tutti gli editori si possono sbizzarrire con le opere di Joyce, visto che sono passati gli anni previsti dalla carta (70 dalla morte) per fare il tanaliberatutti editoriale. (Dalla prima edizione a stampa dell'Ulisse sono passati novantanni...). 
Credo sia un bene variegare la proposta, sempre certo che si tenga in gran cale il contenuto speciale di quello che questi editori trasportano... non che glielo debba dire io, ci mancherebbe. 
Ho letto che molte case editrici stanno per muoversi, non solo coll'Ulisse, e non poteva essere altri menti... 


La prima ha iniziato Newton Compton, dando mandato a Enrico Terrinoni con Carlo Bigazzi di ritradurre integralemente l'Ulisse, dopo la magistrale versione che ne fece il mai troppo compianto De Angelis insieme all'anglista Melchiori (cliccar di qua per sentire che cosa ne pensava Carmelo Bene della traduzione di De Angelis).
Di questo nuovo lavoro, messo in commercio alla modicissima somma di 9,90 cents (mi sembra un bell'azzardo, va riconosciuto), si sono rallegrati tutti nel gran mondo dei salotti impoltronati in vera pelle... tra le migliorie, vantate dalle recensioni giornalistiche, dell'attuale traduzione pare ci sia una maggiore prossimità al testo originale, più mimetismo filologico, più pratica filologica da parte dei traduttori, uno svecchiamento lessicale ed un dimagrimento degli apparati critici, le note.... 




Edizione Newton Compton 2012


Sono andato in libreria più volte come inviato de guera a fare il pulciaro a questa edizione... sfogliando e leggendo mi è parso di stare dentro ad un universo reso più semplice di quanto non fosse quello proposto da De Angelis-Melchiori (universo quest'ultimo che, come si ricorderà, è addirittura chiosato da un libriccino guida parallelo, coi foglietti illustrativi: molto utile però per seguire le fasi del pellegrinaggio di Stephen e di Leopolsd)... 


Vo a spiegarmi per fili e per segni. 


La mia idea è semplice, sempre come il mio cervello di gallina (che poi c'è da vedere sta gallina che non sia più intelligente del(la) trota...): l'idea, st'idea, è che in sostanza l'edizione (l'edizione) di suo della Newton Compt mi può piacere, la copertina è verde come la verde Irlanda e gommosa (sempre la copertina) come i guantoni di box, maneggevole quindi; l'introduzione prima riporta i benemeriti recensionistici della traduzione, poi fa un quadro della situazione storico-critica molto snello e godibile, in cui si mette in luce la scelta sull'agilità dei supporti esegetici che si riduce alla fine alla fine a poche paginette a piè di volume... 
i nuovi curatori hanno, secondo non a torto, sveltito la lettura, rispettando il volere di Joyce che pare lasciò voluto che non ci fossero glosse o postille come soppalchi ad ombreggiare sopra il suo testo... in effetti Joyce parla di roba talmente pop che chiunque avesse vissuto l'anno di grazia 1904, a Dublino, avrebbe capito quale canzone un personaggio canticchiasse, in quale strada entrasse, di quali eventi giornalistici si parlasse... oggi, è un po' diverso, però...
Joyce fece effettivamente un'operazione celestiale, di celestializzazione diremmo, ovvero prendere la più consunta e ripetitiva e logora e banale e triviale realtà dei pensieri, dei desideri, delle pulsazioni, di una città, di alcune persone di una comunità umana e plasmare con questa materia così vischiosa e densa una scultura umana di immagini e parole (portandola a livello dei "classici"), una scultura tanto più classica quanto più evanescente ed inafferrabile. 
E' la banalità del quotidiano e dei quotidiani che diventa per mezzo di uno scacco matto (ovvero la sua scrittura) letteratura alta, altissima. 


Tornando al punto, adunque, Newton Compton ha pensato di ridare al lettore medio di cui L'Ulisse parla (che poi non è proprio vero nemmeno questo, Stephen Dedalus non è un lettore-uomo medio, né per certi versi, ripeto: per certi versi, possiamo definire tale nemmeno Leopold Bloom... ma ci sta pure questo, va bene...) il suo legittimo libro... 
La cosa è un po' a forzare, è vero, balbetta, l'Ulisse rimane un'opera di letteratura altissima, non certo facilmente consumabile, e di suo questa operazione può far storcere il naso a qualche fighetto, ma l'idea in sé per sé è, vista nell'ottica di una casa editrice, giusta, credo io, è giusto che anche chi non è mai riuscito a sciropparsi la vecchia edizione Mondadori di De Angelis-Melchiori possa oggi, magari con operazione di semplificazione paratestuale, attraccare meglio l'Ulisse. 
E' una questione di mercato, alle strette, dove la Newton Compton ha voluto diversificare il suo prodotto rispetto a quello poco consumato della Mondadori, riducendo certamente la qualità dell'edizione in quanto tale, della sua potenziale ricchezza informativa, ma allo stesso tempo guadagnando forse (e pare che l'abbia guadagnati) molti più lettori.  
(Gli apparati paratestuali, torno a dire, sono utili a centrare le sequenze, a capire dove sta per iniziare il naufragio e che parallelo omerico c'è in pentola; sono apparati coordinativi, localizzanti, niente più, non dicono come godere dell'Ulisse, né come leggerlo). 


I traduttori poi hanno modernizzato la lingua del romanzo, un ufficio e uno sforzo di traduzione in ossequio all'idea di modernità presente nell'estetica e nelle ragioni del libro, nella presa diretta del linguaggio joyciano colla sua attualità linguistica, ai tempi in cui/di cui scriveva.  


L'Ulisse di De Angelis-Melchiori


Infine, dopo questo quadro riassuntivo sull'edizione della Newton, venendo all'osso della loro nuova traduzione, a me, leggendone alcune sequenze abbastanza lunghe, e operando il confronto tra le due versioni, dico che non ho trovato la stessa poesia, la stessa ricchezza linguistica e figurativa, la stessa immediatezza d'immagini, la stessa emanazione pluri-sensoriale, corporale che la versione del De Angelis e del Melchiori mi avevano dato. 
La sensazione che questa nuova fatica di traduzione lascia, rispetto alla precedente lezione, è una maggiore consapevolezza filologica, una maggiore consapevolezza testuale e direi quasi "logistica", si ha una navigazione più tranquilla, esperta, ma sembra, dico sembra, che ci sia, proprio per queste avanzate acquisizioni, una minore fuga immaginativa, fuga ritmica, melodica del testo stesso, che non ha l'elettricità di pennello che contraddistingueva il testo di De Angelis-Melchiori... che magari sarà più abborracciato, più sporco, più discolo, ma è anche più vivo, meno accademico, meno scolastico di questo ultimo, dove a volte sembra quasi che il commento sia dentro i brani... che il commento, contratto, piegato programmaticamente piccino picciò a fondo del libro, sia poi in verità spalmato per tutto il poema, quasi a semplificare, parafrasare, diluire in prosa, rendere più leggibile l'opera joyciana. 
Questo, sinceramente, non mi piace affatto. Un conto è maneggiare i paratesti, di natura critica, assottigliarli, rendere più appetibile (ed è un merito) il prodotto spesso indigesto; un conto è, invece, il trattamento della complessità dell'opera, anche perché, al di là dei riferimenti omerici, la straordinarietà di quest'opera è nella sua nuovissima (questa sì) poesia, nella nuovissima ritmica, melodia, freschezza, sensorialità, è il poema omerico rifatto sul corpo umano. E' la parola che trascinando tutto e tutti si fa corpo (e, in ciò, anche se premuniti di grosse pinze, non dimentichiamo che Joyce era cattolico)... allora si capisce bene che in una traduzione più letterale tantissime cose vengono alla forbice, come i più bei fiori... ed è questo, mi pare, succeda nel pur meritevole volume uscito dai forni Newton Compton.


Resto come tutti i joyciani d'Italia, credo, in attesa della traduzione a cui da qualche anno attende il nostro buon Gianni Celati che oltre ad essere uno dei migliori scrittori italiani, è anche un traduttore molto dinamico e navigato, che traduce da tante lingue e cimentandosi con autori linguisticamente osticissimi, come Céline per esempio...  
Celati, che si laureò con una tesi su Joyce, si spera possa unire il peso dell'erudizione colla leggerezza della poesia, cose che -  l'una e l'altra - a lui non mancano... 


sennò mi candido io alla traduzione, mi ci vorranno almeno dieci anni, però qualcuno m'ha da pagare gli anticipi, più i rimborsi spese... 


      

Commenti

  1. E' una traduzione a cinque stelle? :)

    fm

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  2. iio (imbianchino italiano onesto)10 maggio 2012 alle ore 20:52

    boh, però pure il "Bartleby" di Celati non è che sia poi 'sta gran cosa.
    Come anticipo per la traduzione ti andrebbe bene il 'Meridiano' x edizione?

    RispondiElimina
  3. @Francesco: nel senso di Movimento??? :)

    @Imbianchino onesto esimio, come anti cip(r)o il Meridiano andrebbe benissimo. se poi potessi dicere ai mondadoriani di mandarmi aggratis il Meridiano di Borges e Marco Polo... vabbè nun allargamose..

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  4. Anche :)

    Comunque, appena posso gli do un'occhiata (pur restando un fedelissimo della "vecchia").

    Il "meridiano" di Borges sono due...
    Ricorda: non si può lasciare questa v. di l. senza averli letti.

    fm

    RispondiElimina
  5. e caro Francesco io mi sa che lo so che i Meridiani di Borges sono due... è il mio portafoglio che non lo vuole sapere nonsomicaperché...:)

    tornando invece a noi, sono molto curioso di sapere che ne penserai tu della nuova traduzione... quando hai fatto che hai il verdetto, facci sapere. nun te scurdà.
    davvero.

    RispondiElimina
  6. Nun me scordo

    http://www.youtube.com/watch?v=nMqtdsuYmZw&feature=related

    fm

    p.s.

    Io sono an(n)i che i libbri li rubbo.

    RispondiElimina
  7. i meridiani di Borges sono due e non contemplano i suoi vari libri a quattro o più mani (con Bioy Casares, etc. etc.), come non fossro una parte centrale :(

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  8. anche il nostro Robbi (Bolano) faceva celere man bassa...
    il fatto è che se uno legge un libro all'anno, ci sta che lo compri, ma quando si tra muta in dipendenza, si sa... o ti metti a venderla... oppure ti butti mezz'a via a-rraffà...
    io, per es, la vendo :)

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  9. @anonimo borgesiano

    il lettore moderno è un vecchio feticista... la tendenza è comprare l'autore, non la sua arte... sono retaggi romantici? sia come sia, ma la percezione davanti a libri a quattro è la disgregazione dell'univocità autoriale. credo non sia auspicato, un libro a due, nemmeno dalle case editrici (infatti di solito li fanno i famosi, sennò litigano pure per la spartizione dell'8-10% sul copyright).

    comunque, scherzi a parte, una delle difficoltà della lettura dell'Ulisse è la proliferazione incontrollabile, la fermentazione "batterica" di migliaia di narratori in-credibili sulla scena... l'autore, si domandano, ndòv'è?

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  10. concordo su tutto: Terrinoni, tra l'altro, ha di recente (2014) tradotto la Lettera scarlatta e, ahi noi, poveri noi, non deve conoscere la consecutio perché tutti i tempi verbali sono sbagliati nella concordanza loro. Si attendeva Celati, Celati è arrivato e non pare che abbia fatto un gran bel lavoro. Traduzione toscaneggiante, errori di interpretazione ecc. Meglio leggersi il Meridiano o l'originale, anzi tutti e due, in simultanea.

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  11. Caro Matt è un vero piacere rileggerti, ed anzi un po' qualche volta me la pigliozzi con ella perché sì il ponte è impraticabile e pericolante - salvo rari friabili appoggi - però pure tu a rintracciarmi non ci vuoi niente, mentre io per parlar con te dove la dovrei cominciare? Venni un giorno dalla nonna che stava truccando un motorino - ddò cazzo so' capitato mi dissi tra me e Me... scusi signora ma il Matt donde... ma tua nonna niente, continuava a smanettare che dio la manda, e poi non so bene nemmeno io come mi dissero tondi tondi che non era aria, di girare all'argo, ché il Matt non c'è, s'è risposato. Se ne vadi, non ci si metti pure lei. Io sono un po' mollo certe volte e la diedi vinta alle forze del male. Me ne pentozzi. Non sai quanto. Con grande piacere perciò stamattina ho ritrovato nella posta il tuo commento (lo sai che t'avevo sospettato ieri di cosinità, forse anche di fraternità? ma sono sicuro che tu non centri (o si scriveva c'entri, devo chiedere a Raimo)...

    Comunque, ti ringrazio dell'amichevole ritorno. Il ponte come vedi ha cambiato asfalto. E' vero che è impraticabile, ma è vero pure che ormai caro Matt c'ha poco senso passarci. Mi sa che è finito il tempo del passeggio su questi ponti. Perciò, pericolante era pericolante, inutile era inutile, ho chiuso tutto per ragioni di sicurezza... eppoi, da queste parti qui pubblico solo roba di bassezza narrativa, mica mi va di passare per quello a caccia di complimenti... che non so scrivere lo so da solo.

    Fatti morto qualche volta. E spero mi stai bene. Saluti anche alla nonna. La prossima volta la vengo a trovare con un vassoio di bocconotti che se le vado a prendere dal forno che so io, non serve manco la dentiera.
    Ciao Matt!

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    1. magico dina... sai mo a quest'ora della notte pensavo (comunque) stando ai racconti cristiani delle assunzioni al cielo, se si puntasse un telescopio sull’immaginario asse celeste passante per la città di gerusalemme e diretto verso l’atmosfera, forse si potrebbe osservare gesú viaggiare come un missile nello spazio, oltre l’orbita di giove. e subito dietro la madonna. magari hanno anche battuto voyager 1 e oltrepassato la nube di oort ma dipende dalla velocità a cui viaggiano...

      ilMatt: salutate la capolista! :P





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