Il Pinocchio di Carmelo Bene Sono venuto a sapere, attraverso la lettura del Corriere della Sera, che il povero Collodi dovette modificare il finale di Pinocchio perché non era stato gradito dai bimbi che leggevano il Corriere dei Piccoli, dentro cui era uscita a puntate la storia del pargolo legnoso. Secondo la chiusa originale, Pinocchio finiva impiccato ad un albero per la mano traditora del Gatto e la Volpe. Ovviamente, non diventava nemmeno di carne e ossa. A pensarci con più calma, l'epilogo della novella del Pinocchio, evidentemente sempre rimasto aperto, nonostante l'aborto del primo per ingerenza di lettori ed editore, deve aver rappresentato un notevole problema per Collodi, prima d'essere steso come impiccagione e convertito, per interposta persona, in lieto fine. Il fatto è tutto qui: diventare un trancio di carne marcescente è un lieto fine? I vermicciuoli sono il lieto fine? E' solo una convenzione, la carne e il fiato, un'omologazione narra
La guardo più tardi con calma. Dickens è uno dei miei autori prediletti, e sarà una maniera per conoscere così anche Manganelli.
RispondiEliminaChe belle le interviste agli scrittori del passato. ;-)
Ce ne sono tante sul tubo, Biancaneve, anche non di Manganelli. sono tratte da una trasmissione di raidue degli anni settanta... Manganelli ci ha fatto un libro poi con la quota delle interviste scritte da lui. L'idea è molto bella.
RispondiEliminaio a Dickens preferisco Swift e Twain e Poe, mi dirai che c'entra? mbò? così per fare chiacchiere.
ciao
Twain lo conosco poco, lo ammetto.
RispondiEliminaPoe lo adoro.
Swift è molto più sottile rispetto a Dickens.
Diciamo che Dickens è il romanziere per eccellenza, un vero narratore, pur stratificando nelle sue storie una precisa critica sociale, in particolar modo evidenziando quel che all'epoca si chiamava "the victorian compromise", ossia il marcio di una società che si nasconde dietro l'eleganza di facciata dei palazzi vittoriani. Un po' come, mi viene da dire, un ritratto di Dorian Gray ante-litteram, ove la bruttura prospera celandosi dietro un benessere di facciata.
Dickens è stato forse uno dei primi narratori ad evidenziare lo sfruttamento minorile e le condizioni della classe lavoratrice.
Certo, oltre ad un eccesso di pathos, i suoi romanzi risentono anche di alcuni pregiudizi dell'epoca, ad esempio è stato tra i primi ad introdurre la figura dell'ebreo usuraio connotandola di tutti gli stereotipi del caso, gettando i primi semi, probabilmente, di un atteggiamento antisemita che in Inghilterra, in determinati ambienti, sopravvive ancora oggi.
Il mio preferito di Dickens è Grandi Speranze. La storia impossibile tra il piccolo Pip ed Estella è un capolavoro. La follia della signorina Havisham che pervade ogni anfratto della sua dimora è molto, come dire, Poe-niana. Si può dire? Boh. Diciamola.
P.S.:
RispondiEliminae comunque negli anni settanta la televisione era tutta un'altra cosa, facevano così tante trasmissioni interessanti, sceneggiati bellissimi (l'Odissea, Il segno del comando, per citarne solo due), trasmissioni rivolte comunque a tutto il pubblico, qualsiasi ne fosse il livello d'istruzione, ossia sapevano arrivare a chiunque ed anzi, erano utili a chi volesse conoscere, approfondire.
Se potessi tornare indietro nel tempo vorrei tornare agli settanta, ma da adulta, con la consapevolezza di oggi (all'epoca ero piccolina, sono del 1968). Un'epoca che comunque ha lasciato un forte imprinting su di me, anche perché le mie prime impressioni del mondo furono quelle di quegli anni.
Scusa il fuori tema, ma quando sento parlare di anni settanta mi viene nostalgia.
A volte mi domando, se fossi stata adulta in quegli anni, chi sarei stati? Magari una terrorista, chissà. Ma penso, più facilmente, una vera hippy, con le gonnellone lunghe, tanti braccialetti tintinnanti a caviglie e polsi e coroncina di fiori in testa: peace and love. :-)
Idea: ora ci scrivo un post.
Dell'intervista mi piace un passaggio dove "Dickens" accenna al genere italiano per antonomasia: il melodramma. Mancherebbe la musica, dice.
RispondiEliminaIn effetti, ciò a cui sarebbe bello tornare è il melodramma inteso proprio come azione in musica, o in canto. Volendo estremizzare, tutti gli scrittori "veri" anelano al melodramma, dove la musica è il ritmo, i suoni, la musichetta interiore di chi scrive, la loro armonia o disarmonia ma alla massima stilizzazione possibile, mentre ovviamente l'azione è la trama eccetera eccetera.
sono contento di averti ispirato un post che vengo dopo a leggermi.
io non penso a cosa sarei stato se... perché so perfettamente chi fui nella penultima vita vissuta, e quindi anche cosa combinai nel periodo specificatamente sessantottino (dove il mio antenato fu disertore, ca va sans dire); perciò tralascio di blaterare le mie teorie sulla metempsicosi e le mie scioccanti e scientifiche rilevazioni pre-biografiche per ovvie ragioni.
cià
Invece a me interessano assai le teorie sulla metempsicosi, pure se, scettica come mi ritrovo, non credo nemmeno a ciò che vedo e tasto con mano. Però mi piace mantenere una porta aperta per tutto (tranne che per i dogmi delle varie religioni, sia chiaro).
EliminaIo anni fa, per dire, mi sono anche interessata allo spiritismo, pur per interesse antropologico, devo ammettere, ma comunque sia mi sono tanto divertita.
Mi piace quel brivido che corre lungo la schiena quando per un attimo sei disposto a credere che le leggi del mondo che conosciamo siano altro da quelle fino a quel momento credute e che si stiano per ribaltare.
Ti dirò, accadde molto, ma io, sempre per via dello scetticismo che mi permea, ho sempre saputo fornire una spiegazione razionale (anche di carattere psichico, perché no, ma comunque razionale) a tutto.
Il mistero mi affascina, in ogni sua forma.
La metempsicosi interessava anche a Joyce.
RispondiEliminaAh, non lo sapevo.
EliminaTempo fa invece, sempre a proposito di Joyce, ho letto le lettere erotiche che scriveva alla moglie e mi hanno trasmesso un'impressione inedita dell'autore.
Uno è abituato a pensare a Joyce come all'autore dei racconti dublinesi, dell'Ulysses ecc., mentre poi era tanto tanto altro (vabbè, questo lo si potrà dire di ogni autore e persona).