Pensieri da sgabuzzino (inverno-primavera)



In realtà era da andare nei casotti a prendere una boccata d'aria dialettica, anche se stiamo fuori stagione, e soprattutto non esagerare, non farsi straportare dalle suggestioni, però io non ho alcun riguardo per colui che si fa chiamare "il lettore" e scrivo quello che mi va, probabilmente a dispetto, meglio se impostando il correttore automatico (mi piace vedere la pagina come un campo arato di sangue) e la giustificazione che mi tira le parole da tutte le parti e le distacca contro la mia volontà come i torturati nel medioevo e oltre. Sarei dovuto tornare ai casotti, al mio diario marino estivo, per avere un'ispirazione, un pensiero, una delucidazione, ma siccome fa freddo, caro lettore, me ne sono stato qua nello sgabuzzino degli stracci e delle scope davanti al pc impolverato fino all'orlo (dov'è l'orlo del pc?) e le idee sono fluite lo stesso, non belle come quelle estive, ma lo sanno tutti che l'inverno non porta molto di buono, se non il vestiario paccuto e forte e l'immobilità. 
L'argomento, l'avrete capito, è ciò che possiamo contenere e ciò che no. A capirlo m'era servito anni fa il mio esperimento di imparare il tedesco. Fallimentare. Fallimentare però ci ero partito (a parte che ci ero nato), nel senso che non avevo alcuna voglia di imparare una lingua a me così ostica (a me così ostica) di cui non memorizzo nulla, i suoni mi passano via dal cervello immediatamente come vapori acquei. Qualche anno fa, stando io a Berlino, avevo pensato di abbandonare per un po' quel mio inglesuccio maccheronico da scuola media e di abbandonare le mani, le gesticolature del parlare colle mani, invece non ho potuto. Pur mettendoci la faccia, come direbbe qualche noto, non riuscivo a farmi innestare nel cervello la lingua. Ne convenni che io colle lingue nordiche non ci posso fare niente, non mi entrano nel cervello, come la scuola. Da dire però che ero stato pochissimo, una due settimane, forse mi dovevo dare un'altra prova. Una regolata. Ma come, mi si diceva, hai imparato tante parole di spagnolo e di senegalese senza studiare niente, e non riesci a memorizzare due frasi di tedesco? Eh che ci pozzo fare? Lo vedete che mi date ragione. Eppoi, non è tanto che non apprendo, secondo me, quanto che non mi ci riesco a mette, a studià ste lingue che non mi piacciono. A impararle, uno, secondo me, può imparare tantissime cose, ma ci sono cose che vengono più facili, che uno c'ha già il posto dentro per metterle, non saprei come dire, ed altre che il posto glielo devi preparare tu, come il letto per gli ospiti, ma in questo caso non basta preparare il letto, bisognerebbe preparagli una casa, per questi ospiti, cioè costruirgliela da zero, dalle fondamenta, e quelle sono le cose che a uno non gli vengono facili per gnente. 
A me mi viene facile disimparare, per esempio. O essere stupido... le fondamenta ce l'ho già... ma il tedesco... e pensare che qualche famiglio mi disse che visto come tirava il mercato mi dovevo mettere a imparare il russo... eh scì, il russo mò. Pe' piacere. Fallo tirare il mercato... agli altri... io li guardo. 
Comunque, non era questo che volevo dire. 
L'argomento, in sostanza, è De Lillo, e una certa letteratura che mi si approssima a De Lillo, e la fantascienza, un Philp K. Dick e una certa letteratura che mi si approssima a Philp K. Dick. 
Insomma, cari miei, io ci ho provato a leggere De Lillo, mettiamo Rumore bianco, un suo capolavoro, mi sono spinto fino alle radiazioni e alle onde, per lui e con lui, fino a più di metà della seconda parte, ma a parte alcune sbavature che trovo insopportabili (elencazioni infinite, parole composte buttate là a cazzo di cane, quadri narrativi senza alcun senso) sono finito per chiudere il libro (o meglio, il file) e riconsegnarlo al mittente: attenzione, non è un giudizio di merito sul libro, figuriamoci, De Lillo scrive benissimo, è un artista a pieno titolo, ma la sua prosa, il suo immaginario, le sue storie sono lontane da me anni luce, credo insomma che nel mio corpo non ci sia spazio per apprezzare De Lillo, per animarmi, per emozionarmi con De Lillo... forse, fossi più grasso, o alto due metri, o biondo, riccio, avessi visto più film horror, più americanate da piccino, probabilmente lo capirei a De Lillo, capirei cioè perché avvince tanto qualcuno. A me no, non m'avvince... che poi una delle cose più strane di Rumore bianco è che a differenza dei romanzi in genere dove di solito le prime cinquanta pagine sono eccellenti e poi si frana giù via via, in picchiata, Rumore bianco è un libro in salita, parte malino e sale. Ad ogni modo, per apprezzarlo alla giusta maniera, ci vuole, come si dice, il fisico. E io mi sa che non ce l'ho. 
Uguale la letteratura fantascientifica, di cui già dissi una volta. A me che uno sta su Marte a bere un tè in compagnia dei marziani, se non ha intenti umoristici o di apologo filosofico manifesto, non mi fa né caldo né freddo. E soprattutto non mi fa ridere. Non mi diverte. Ripeto, non è colpa mia: è il mio corpo che non me lo vuole, un po' come il ragù o le fritture dolci. 
Niente, volevo dir questo. 
Come primo pensiero sgabuzzino non mi sembra niente male peccato che l'inverno è praticamente finito. 

Commenti

  1. http://www.ibs.it/code/9788861581869/bayard-pierre/come-parlare-libro.html non leggerlo!

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  2. un consiglio di non lettura!

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    1. Non mi resta che non leggerlo, dunque.

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  3. Allora corro in libreria anonimo
    b

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  4. Ciao, Dinamo.
    De Lillo lo conosco troppo poco per poterne parlare con sufficiente competenza. Dick invece lo conosco abbastanza bene. Un suo racconto che apprezzo molto, "La formica elettrica", ha, penso, gli intenti che ti farebbero avvicinare volentieri al genere fantascientifico ("apologo filosofico manifesto", come tu dici). Inoltre, nel prologo di Borges a "Cronache marziane" di Bradbury, a proposito d'un episodio, "La terza spedizione", da me letto innumerevoli volte nel corso di molti anni, lo scrittore argentino scrive: "Forse 'La terza spedizione' è la storia più allarmante di questo volume. Il suo orrore (io sospetto) è metafisico;"
    Ti auguro una buona notte,
    Gaetano
    (Subhaga Gaetano Failla)

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  5. Ciao Gaetano, benriletto.
    Ti ringrazio del "consiglio di lettura" (qui come puoi notare convengono personalità che ragionano all'incontrario, sui negativi, forse perché hanno trovato in me un compagno di giochi ben disposto - tengono ragione).
    Il mio pezzo, lo avrai capito, non mira a giudicare niente, né a bocciare questo o quell'altro genere che sono tutti per me interessanti, basta che siano scritti "bene". Il 2666 di Bolano ci dimostra che anche alle soglie dell'estrema modernità il genere rosa, tanto osteggiato, o la docufiction possono diventare terreno letterario.
    Quello che mi interessava qui era più che altro scrivere di alcuni esercizi "di lettura a caso" che forse rivelano qualcosa di più della nostra mente e della nostra capacità di incamerare testualità e suggestioni. In questo senso, il pur bravo DeLillo a me mi lascia emotivamente indifferente. E così gran parte della letteratura fantascientifica contro cui non ho ovviamente nulla di preconcetto, anzi, mi piacerebbe scrivere qualcosa a modo mio di questo genere, anche se la mia lingua per il momento non me lo permette molto.
    Grazie di essere passato, Gaetano. Passa una buona giornata.
    Dinamo

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