Qualche altro pezzo sulla nostra nientità



Freak Antoni nel grano e nella natura


Nella mia vita ho partecipato a tre serenate per la sposa. La prima è stata la più verace, c'era anche la campagna e lo sposo vestito alla contadina, il fiocco al collo, il cappello di paglia, la camicia a quadri. La seconda è stata quella più bella da vedere come spettatore perché lo sposo, di una lontana regione del nord Italia, era vestito come un damerino, fazzoletto all'occhiello scarpe lustre e non si sapeva muovere, mentre la sposa non era né sorpresa né contenta né niente, anzi si avvertiva che riceveva per forza la serenata sotto al suo balcone e dopo nella sua casa, perché pareva brutto non farla, la fanno tutti.

La terza è stata una serenata normale, senza grandi stravolgimenti, tra persone simpatiche e buone: non mi sono particolarmente divertito, ma mi è stata utile per fare le osservazioni. Per esempio mentre i suonatori e gli stornellatori recitavano le loro parti, cantando canzoni oscene, ero sorpreso dalla gente che rideva di gusto e si divertiva alle battute di repertorio che chiunque ha sentito tante volte nella sua vita, come volendo significare che non solo la novità ma anche la ripetizione può essere divertente. Ho scoperto in che canzoni come "Allò più giù più giù più giù" o "All'osteria numero..." sono come le canzoni di Albano e Romina che non tramontano mai; così come non tramontano mai le filastrocche dove comandano le parole cazzo e la fica; né si può fare a meno delle barzellette sporche che ci fanno tornare tutti bambini, a scuola, a ridere dei doppi sensi che ci sono nell'aria o a forzarli a tutti i costi, come le spose. 
Siccome io sono un po' tocco e non capisco le battute non ridevo quasi mai, tranne che qualche sorriso per le facce e gli urli disagevoli di uno stornellatore, allora una persona mi ha detto in confidenza, anche se io non la conoscevo, m'ha detto effatti 'na risata. Io purtroppo ero pure di cattivo umore. 
Un amico mi ha fatto un racconto sul suo figliolo piccolo. Poi ho sentito nelle pause per mangiare il racconto molto icastico di un torcicollo dovuto al troppo sesso. Io l'unica battuta che ho fatto, senza capirla però, ho fatto un commento a un discorso di alcuni amici che si lamentavano del mondo che era diventato un mondo asino, dominato dagli asini, allora ho detto vabbè mò è così, ragazzi, bisogna attaccare il padrone dove vuole l'asino, e mi sono pure una puntina vergognato di andare avanti a calemburi su calemburi, salendo la mia montagnola di robaccia che poi che ci starebbe da ridere (?). 
Alla fine, venendo su un po' di vento, sono rimasto incantato a guardare qualche tempo il furgoncino della porchetta, posteggiato lì nello spiazzale per noi della serenata: era splendido, anche abbastanza goffo come tutti i furgoncini della porchetta, e la fila dei clienti, colla birra in mano, la scatoletta di patate fritte... di quelle scene tra la modernità alle porte e un vago ricordo di suburbano, di campagna, di lingua andata a male... ho pensato a Hopper e (con un balzo) agli anni ottanta che è il luogo temporale immaginario da cui chissà perché provengo io (pure anni settanta, non è preciso). E poi ho pensato altre cose che non ricordo perché non sono diventati proprio pensieri e m'è tornato in mente qualche corpo di donna nuda in macchina, il fieno fuori e i covoni, il vino e la sterpaglia... e poi più giù più giù più giù... 
fino a non pensare più a niente



***

I vecchi, seduti sulle panche vicino al campo sportivo, chiudono i discorsi sempre con la morte e la frase 'non siamo niente sopra a sta terra', specie se è stato il funerale di qualcuno. Mia nonna aggiungeva 'ma dove stiamo scritti?'. Però secondo me voleva dire 'ma dove sta scritto?'. Forse. Un po' antibiblica.



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Una bambina aveva un bruttissimo carattere, scontrosa, burbera, lunatica. Non faceva mai un piacere alla mamma o alla nonna; non voleva essere considerata una bambina che poi diventa donna; né d'altronde le piaceva passare per maschiaccia; non voleva assolutamente diventare una donna di casa e odiava le parole dei suoi maggiori che la invitavano alla dovizia casalinga. Odiava su tutti i parenti e rifuggiva le amicizie strette. 
Passano gli anni, peggiorava sempre di più, fino a mostrare i denti di un carattere del tutto ricurvo su sé medesimo, misantropo, linguisticamente minimale. 
Le venne un accidenti in testa. Un tumore. Dissero che dovevano operarla. La operarono. Guarì. Tutti pensavano che sarebbe tornata come era. Invece incredibilmente divenne una persona gentilissima, aperta al dialogo, di cuore puro e sincero. 
Un giovane che l'aveva sempre segretamente desiderata, le disse, we, ché t'ha fatto bene il tumore. Lei gli disse: anche a te. Chissà perché. 
E si sposarono con tanto di nozze, parenti, amici e serenate. Lei divenne donna ma poi non s'è più saputo niente.

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