Chiedi alla polvere sui libri di John Fante

John Fante davanti alla macchina da scrivere
Molti scrittori ineditati hanno una gran furia di farsi pubblicare, tanto per togliersi la verginità di dosso. Fenomeno recente è l'autopublishing, o il selfpublishing, ed altre opzioni simili che permetterebbero di pubblicarsi da solo, scaldare la fola letteraria degli esordienti, scavalcando l'industria editoriale; il che vuol dire allestirsi un'edizione casereccia del proprio lavoro, farsi l'editing e la correzione.
Non che io sia contrario a questa primogenitura, ma il problema dell'editoria è che un libro bisogna promozionarlo, non semplicemente stamparlo (su carta o su nastro digitale). Una volta stampato, infatti, un qualsiasi libro (anche uno uscito dai forni Feltrinelli) rientra nell'angoscioso antro del processo (a)mediatico ioMammeteEtu... che, i conti presto fatti, sono coloro che sanno e (se si è fortunati))leggeranno il libro in questione.

Bene venga (anche Carmelo Bene) che ci si possa preparare un'edizione del proprio libro come ci si prepara la frittata o riscalda la minestra, meno bene venga che si creda di aver abbattuto la mediazione editoriale, o peggio (o meglio) mediazioni di qualche altra natura...

John Fante, per esempio, che era superiore al grande bevitore hollywoodiano Charles Bukowski , se non fosse stato per Charles Bukowski che impose al suo editore John Martin di ripubblicarne i libri (altrimenti non gli avrebbe consegnato il manoscritto del suo ultimo romanzo), sarebbe morto sotto le quintalate di polvere  che campeggiavano sopra le sue grandi opere degli anni trenta-quaranta, come La strada per Los Angeles, Chiedi alla polvere, Aspetta primavera Bandini, Dago Red...


Ci vogliono parecchie condizioni per cui un libro dallo sgabuzzino di uno scrittore finisca nelle braccia di un lettore, bisogna che entri un un circuito promozionale di qualche tipo, ma fatto è che la macchina va messa in pista, e uno che si autopubblica non ha la forza né i mezzi per spostare la propria vettura nemmeno sopra una strada suburbana.
Fenomeni tipo l'autopublishing servono ad ammazzare il tempo (già morto), come quando si va al bowling, o come quando il chitarrista jazz  Emmet Ray per prendersi qualche ora di svago andava vicino alle discariche delle fogne a sparare ai sorci...
Insomma, sono contento esista lo svago dell'autopublishing, meno contento che vogliano truccarla come una rivoluzione dell'editoria. Lo diventerà qualora le si affiancasse qualcosa di affine e compatibile per pubblicizzarne, prezzarne e venderne i prodotti.

Commenti

  1. Mi sembra che ho già avuto occasione di confessarti in un altro post il mio amore sconfinato per Fante e per il suo alter ego Arturo Bandini; ed è stata una grande fortuna per noi lettori - altrimenti ci saremmo persi dei capolavori come Chiedi alla polvere e La confraternita del Chianti - che quel giorno in biblioteca Bukowski sia incappato in Fante e si sia poi impegnato per farlo conoscere al mondo.

    Io sono contraria all'editoria a pagamento - in inglese anche giustamente detta vanity press e proprio perché sfrutta psicologicamente la vanità della gente di avere un proprio libro stampato - per una serie di motivi: innanzitutto alcune di queste case pubblicano davvero di tutto senza alcun criterio qualitativo (basta che paghi), è noto il caso de Il Filo che addirittura fu oggetto di uno scherzo per verificare se almeno leggesse i manoscritti che gli venivano inviati; beh, gli mandarono un testo-collazione di vari spezzoni di testi presi a casaccio, senza nessun criterio logico, e lo pubblicarono. In questo senso il livello qualitativo di ciò che potrebbe circolare, ammesso che circoli, non è in alcun modo attendibile. Poi prendono un sacco di soldi promettendo un minimo di distrubuzione che invece manca del tutto ed è difficile poi acquistare questi libri anche dietro ordinazione (devono stamparli su rischiesta).
    Insomma, a me l'editoria a pagamento pare solo una truffa. Ma poi, per lo scrittore stesso, che soddisfazione c'è ad essere pubblicati dietro pagamento? Non si ha in alcun modo la conferma del proprio talento. E' come andare a puttane, no? (pago ed ho una donna). :-D

    Diverso è il caso delle piccolissime case editrici che hanno comunque scarsa distribuzione, o anche solo on line, ma che sono serie e ricercano la qualità e la cura del prodotto, e prima di pubblicare selezionano accuratamente. A queste darei tutto il mio sostegno.

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  2. Condivido il pensiero della tipa qui sopra.

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  3. mbè, sì, Dio è (un) fante, ce ne sono talmente tanti...
    Victor è (un) cavallo, però e io so' terrone come A Bandini

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