L'acquolina in bocca



Uno dei bar meno trafficati della regione, da che ne so io, si trova dietro la linea ferroviaria adriatica che taglia il paese quasi per metà... o per esser più precisi, si trova dietro la prima filara di palazzi che stanno messi tutti belli in riga lungo la nazionale che questa sì sta davanti alla linea ferroviaria adriatica che taglia il paese quasi per metà (quindi, per farla corta, a tagliare il paese ci pensa questo parallelismo della linea ferroviaria e della strada nazionale che da che mondo è mondo è un po' come una specie di forbice tagliapaesi dappertutto, come i boulevards a Parigi o via Nazionale a Roma che si dice che sventra Roma e che leggevo tempo fa che per farla hanno dovuto abbattere il quartiere gotico). Il bar ultimamente si trova anche "a manca", come dicono quelli che coll'italiano ci palleggiano, di un modernissimo discount appena aperto che allarga la sua ombra su tutto il rione e da quando ha aperto non si vede più nulla in questo rione per quanta ombra fumo e nebbia ci fa sopra il discount... questo in realtà quello che dice la gente, ma a voi vi pare normale un discount che butta fuori fumo nebbia e ombra invece che scatoloni vuoti, monnezza, scarti alimentari ecc: ecchè 'na fabbrica? Ci sta scritto discount davanti... mbò... io non lo so certe volte la gente dove le va a prendere le idee che butta all'aria peggio dei discount di quartiere. Comunque mò, com'è come non è, questo bar si trova proprio là, non c'è niente da fare, in mezzo a questa babele di municipi di fumo e ombra e nebbia e discount e raggiri di ferrovia e nazionali, come se il caffettiere medesimo proprietario l'avesse fatto apposta, quale a dire emmò lo voglio proprio vedere se c'è qualche scemo che mi viene a ritrovare qua dove mi so' andato a rintanare.
E' il mio bar preferito. 
Ci vengono spesso a fare la presenza pure due compagni miei che hanno sempre da raccontare storie loro come se non si sa perché le storie capitassero sempre tutte a loro e a noialtri mai (noialtri chi poi? a me...). A me non mi succede quasi mai niente invece, lo voglio dire. E quando mi succede, se mi succede, non me ne accorgo... così mi succede pure che abituato a non succedermi niente quando mi succede qualcosa tendo a raccontare questo successo (si dirà così?) come se non m'è successo niente. Penso che allora il succedere e il non succedere sia soprattutto una questione stilistica, che lo stile sia insomma una sorta di succedente, io come stile c'ho un po' lo stile muto o peggiomisento lo stilo scialbo, slavato, ché ti pò succede pure la cosa più bella del mondo o la più brutta, e tu niente, quello slava tutto, sto stile qua, come la candeggina, e tu non lo sai raccontare sto successo tuo... un po' come la storia veramente bella che l'hanno sentita pure i muri di Raffaele La Capria mi pare che era piccolo e stava da solo, gli è volato un cardellino sulla spalla, lui era talemente eccitato che corrette dalla mamma a raccontarglielo ma non riuscendo a spiegarsi per bene di questa cosa alla fine la mamma non gli dà troppo retta e lui ci rimane malissimo e decide di diventare scrittore, per trasmettere le sue emozioni agli altri. Ma agli altri chi? Quanti? Mbò. E poi, detto franco: si poteranno davvero trasmettere le emozioni? Ma soprattutto si poteranno davvero trasmettere quelle emozioni? Su questo ho i miei forti forti dubbi. 
Al che, comunque, veniamo al fatto, minimo e veniale quanto ci pare, che proprio una sera di queste ultime uno dei compagni al bar di cui sopra (dove l'acustica, detto traparentesi, nonostante il lampadario rotto, è ottima), uno di sti compagni dicevo dopo che avevo abbozzato e malconcluso come al mio solito di contare una mia vicenda della mattina, una vicenda da niente in realtà, m'ha redarguito per bene, ché io lo facevo più stronzo di quanto era, che a raccontare così davo la sensazione che pensassi che lui non mi volesse ascoltare, che era uno non tanto per la quale, che non mi prestava attenzione... invece lui mi voleva ascoltare... raccontala bene sta storia, su, daccapo, dabbravo, dimmi i particolari, le cose, un po' di colore, non essere frettoloso... Vabbò... ci provo ma che vi devo di': mi costa fatica! pure la voce... mi s'abbassa... sforza, si fa pesante. Oh, che vi devo dì, non c'ho voglia... sarà brutto ma non ci ho voglia... poi co' tutto il rispetto non è che mi devo giustificare, poterò fare quel che mi pare? 
Lui invece c'aveva da raccontare dello sboccìo di un traffichino amoroso suo con una studentella di università raccattata non so ben dove. Ora, saltando i particolari che non interessano nessuno (penso nemmeno a lui, nonostante la poetica balzacchiana), la cosa da dire è che ad un certo punto sto amico mio mi se ne esce che dice "e parlando parlando, le ho detto che ad andare là dove diceva lei m'era ggià venuta l'acquolina in bocca". L'acquolina in bocca!... Eh... quando ha stonato così, che ha detto l'acquolina in bocca, ci sono rimasto troppo male. Cioè a me è sembrato proprio che quella parola, l'acquolina insomma, in bocca a lui stesse male, ma di un male che non si poteva sentire. E ci sono rimasto male pure io e ho inavvertitamente storto la mia, di bocca. 
Che hai fatto?, m'ha detto l'amico. 
Ma niente. 
Ma come niente? C'hai na faccia... Ho sbagliato a dire così, dici che s'è risentita?
Mannò...
Ma dimmi... su... dici che s'è risentita? Non fare ssà faccia! 
E dico di sì che s'è risentita!... anzi mi sò risentito io!
Allora lo vedi? E pure tu?... E perché? 
Ma perché ti pare che dici a sta poveraccia "acquolina in bocca" quando è evidente che sta parola in bocca a te non ci sta bene... tu non la puoi dire così a cuor leggero sta parola... non hai la bocca adatta, i lineamenti della faccia, i suoni giusti, la tastiera dei toni per dire "acquolina in bocca"... ti esce tutta storta, stonata... brutta. Dì 'n'altra cosa... dì che t'ha fatto venì voglia, che ci vuoi andare a tutti i costi... dì come ti pare ma no l'acquolina in bocca. Quella ti esce male... eppoi l'hai visto che pure tu l'hai detto con un po' di vergogna... hai detto l'ACQUolina... hai fatto difficoltà dillo...
Oh Dì ma che cazzo stai dicendo?
Sto dicendo la verità, Albè: tu acquolina in bocca non lo devi dire più, ti fa brutto.
No Din, tu stai male... ma male forte... Fatti vedere. 

E m'ha piantato, a mio parere ingiustamente, là come un cretino. 
Vai a far del bene poi... 

Il bar comunque era quasi in chiusura, l'oste mi si avvicina e mi fa ma che cazzo gl'hai detto a quell'amico tuo ché s'è incazzato a (quel)lù modo e se n'è andato?... Oh, Din, qua non mi ci viene mai nessuno a me ché sto scampagnato, lo sai, non ti ci mettere pure tu eh... non ti ci mettere pure tu per niente... 
Tombola! 

Insomma, me ne sono rincamminato via a casa pure io. E camminando camminando, dopo tante schermaglie e pensieri, ho continuato a riflettere alla questione dell'acquolina in bocca. E ho scoperto che forse c'avevano ragione loro, l'amico e il caffettiere che accontenta sempre tutti i clienti, così la lingua, ché alla fine ognuno parla e dice quello che gli va, magari anche sgraziatamente, e il bello sta anche là, nella sgrazia, negli sgorbi, così come nei fiori, della lingua... la quale come tutti sanno non sono mica tutti rose e fiori, ma anche spine, malformazioni, concimi, letami, legnacci... per esempio quest'amico mio dell'acquolina in bocca c'aveva 'n altro vizietto che mi dava fastidio, ché diceva delle volte "te" al posto di "tu", che è un modo di esprimersi di quelli del Nord che a me non piace per niente, anche perché non si dice da me e me lo vedo artefatto, forzoso detto da me, lontano... invece lui una volta era stato sette giorni a Milano e mi torna che dice "te" al posto di "tu"... io che a Milano ci sono stato degli anni non l'ho mai pigliato sto vizio qua del "te", manco così, che m'è mai scappato. Ma comunque, se il parlante vuole dire così, che lo dica pure, mi sono detto andando via dal bar, che lo dica pure... perché non ci sono correttori di pozze che tengano, uno parla come gli va. E' giusto così. 
Allora ritornato a casa mia, un po' mi sentivo in colpa, ho preso il telefono, gli avrò fatto pigliare 'na paralisi, ma ho chiamato l'amico dell'acquolina in bocca, gli ho detto che mi scusavo, che mi dispiaceva e che avevo scherzato... lui m'ha detto Allora secondo te ho fatto bene a dirgli così, non è che sta poveretta c'è rimasta male? Mannò hai fatto benissimo. Perché ci deve esse rimasta male... Se c'avevi l'acquolina in bocca c'avevi l'acquolina in bocca... che è colpa tua? 




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