La torre martello e altre storie
Sul lungomare, di questi
tempi, non c'è anima viva... Camminando colla macchina, ieri, dopo la tormenta
sull'Adriatica, con tutti quei lampioni spenti e le tapparelle giù, i bar e i
barbieri chiusi, sembrava di stare in una città fantasma attraversata solo dal
vento.
Per fortuna avevo
bisogno delle poste, che da un po' fanno orario continuato... Appena sceso
dalla macchina trovo i primi postumi della neve, qualcuno ha
"scavato" un cazzo, la sagoma insomma, sulla neve sopra il parabrezza
di un auto affianco. Sarebbe un bel soggetto per un pittore, o un fotografo.
Fossi un pittore, o un fotografo... Ma io non lo sono, non so disegnare manco
un omino di quelli facili col pallino tondo al posto della testa e i bastoncini
per le braccia e le gambe. E manco a foto eccello... non c'ho manco la
macchinetta digitale, non mi ci immischio per niente... (Sì lo so la
letteratura in negativo v'ha rotto, ha rotto pure a me, "non so fare
questo, non so fare quell'altro, non so' buon a niente", ma preferisco la
letteratura in negativo alla letteratura autocelebrativa degli scrittori
che sanno fare tutto loro e sanno vedere bene tutto loro: da D'Annunzio a
Saviano gl'esempi si sprecano).
C’è un mio zio, è un
altro uno che sa fare poche cose, un po' il cantiere, un po' (da poco… da
quando s’allena con me) il novelliere, sostiene che uno meno sa disegnare e
dipingere più è facile che fa i soldi, oggi, coll'arte (e colla letteratura?).
Ma scì scì, dice, so' i galleristi che decidono i prezzi... prezzo alto prezzo
basso... ma mò tu mi devi dire che mi rappresentano quelle cacate che fanno...
'na pera sbucciata... 'na 'mbrattata di vernice... dù pennellate storte... le
sapevo fare pure io, guarda che lu so' fatt pure je lu p'ittor'...
l'imbianchino... è chiù opera d'arte quella che faciav' je che quelle che fanno
mò... eppoi non significano niente, che significano mi devi dire tu... la
chiamano merda d'artista... per nobilitarla... intanto paghi... col cazzo che
vado ai musei io. Non ci vado... se proprio proprio, un quadro, me lo vedo sul
computer o là la televisione. Ma di quelli di una volta, col paesaggio, i
ritratti, le nature morte, gli affreschi, le città... là dimostri che c'hai
qualcosa in più... a cacà so' boni tutti.
Sulla pittura, lo zio,
gli è sempre stato un po' antico.
Ad ogni modo, sono
andato alle poste perché dovevo fare un bonifico, mica per prendere le lezioni
di disegno ornato. Appena entro ho la sfortuna di incrociare un conoscente...
ohhh, fa lui, guardanpò chi ci sta qua... ma che t'arv'd (ma che ti rivedi?)...
chì fatt' li sold?... Ma che sold' sò fatt', gli replico io, Tu piuttosto, ti
rivedi... e le solite cose, la famiglia, il lavoro, il reddito… prima il
lavoro, anzi prima il reddito, poi la famiglia, la sposa, il freddo quanto fa
freddo!, il caldo quanto fa caldo!, i morti quanto so' morti!... i vivi...
quando vivono?
Nel corso degli anni,
la mia incapacità di tollerare o rendere meno noiose certe conversazioni futili
dentro cui penso passa "l'affetto sociale" mi ha spinto a cercare
sempre di più i posti meno bazzicati, le regioni più lontane, le passioni meno
visibili, le cose più semplici o le più sofisticate... Penso che proprio per fuggire
queste chiacchiere che sono diventato un animale selvatico. Proprio per
sbolognarmi un gaglioffo come questo che mi urla nell'orecchio e mette
praticamente i manifesti ogni volta che racconta qualcosa, e parla col megafono,
proprio per questo sono diventato uno forastico, un
fuggitivo, un esule.... Eppure,
malgrado i miei sforzi, sono sempre circondato di gente. Sarà forse per
tenere la parte di quello sempre scazzato che dico questo e quello, in realtà
se non c'avessi avuto tutti sti gran sonatori al
mio fianco avrei scritto come quegli scrittori che se li senti parlare ti
chiedi dentro te stesso ma questi come caspito parlano ché sembra stanno a
leggere da un manuale di grammatica italiana?... E niente... parlano così. E
(peggiomisento) ci scrivono. Ecchecazzo.
Io comunque certo ho passato una bella fetta della mia vita rintanato, per motivi miei, di mattità mia, ma alla fine, alla conta dei giorni, sono praticamente sempre stato in commercio, in mezzo alla gente, a correre per i quattro angoli della piazza, colle guance rosse per il troppo giocare e il troppo rincorrere... so come devo comportarmi “in società”; come devo dire; come non devo dire... Ho imparato negli anni a difendermi... e ad attaccare. Collo stiletto.
A una certa, comunque,
arriva la chiamata allo sportello, il numerino elettronico mi libera dal
seccatore.
Chiedo il modulo per
fare il bonifico... il bonifico!... perché mai uno stronzo come me che si
sveglia alle sei e mezza la mattina sembrando chissà che cosa vuole fare
invece sta là a non fare niente tutto il giorno deve pigliare la macchina con
un tempo del genere, che ha nevicato, colle vetrine chiuse, la strada bagnata,
per fare un bonifico? A chi? Chi merita tutto questo?
Ma il fratello, rimasto
all'assecco. Bisogna irrorare le tasche del fratello lontano da casa.
Ma come, l'artista di
famiglia (si fa per dire) sono sempre stato io... dovrebbe essere lui a
bonificare me rimasto all'assecco non io a lui.
Evvabbè, che ci vuoi
fare, d'altronde che gli posso mandare se non le briciole? l'altra sera ho pure
perso... ma non è colpa mia, è colpa della stagione fredda, non c'è niente da
fare, in giro non c'è nessuno... che fai, non te la fai la partitella? o
meglio: le partitelle? Pare niente ma cinquanta oggi, cento domani... il
lavoro è poco... i soldi si finiscono. L'Autunno e l'Inverno sono implacabili
(e l'Estate e la Primavera allora, che si soffòca dal caldo? il mare dopo un
po' annoia... bisogna cercare i locali climatizzati... le bische...
climatizzate, stamo sempre là)...
Sulla prosopopea delle
stagioni fredde sull'Adriatico però, sulle città di mare dell'Adriatico, che
d'estate so' belle e d'inverno fanno schifo, sì, è vero, pure io so' per il
caldo ché il freddo non lo sopporto, ma vi ricordo che Amarcord, il capolavoro di Fellini, parla di un paese di mare
dell’Adriatico ed è ambientato nelle stagioni fredde, no in quelle calde, ci
sarà un motivo, o no? sarà che ci è più poesia da cavare là che d'estate?...
allora che si lamentano affare tutti? mi lamentassi io che a casa mia
c'impuzzoniamo di freddo d'inverno che dormo con due piumoni e tre coperte,
colla papalina e due pigiami e le calzette di lana, che quando mi alzo la
mattina sembro Lucariello di Natale a casa Cupiello... e per srotolarmi dalle
fasce di quel sudario ci impiego mezzora... ma il caffè me lo faccio da
solo. Ché mi esce meglio, è più buono.
Dopo sbrigato il
bonifico ciò bisogno di andare a camminare un po', anche solo colla macchina,
nella zona del porto... i docks... sè, vabbè, come se stai a Londra, ma se stai
in questa cacatella di mare... Vabbè, quello che è è, scendo giù alla spiaggia.
In realtà, anche tornando a casa, qualcosa da fare ce l'avrei. A parte scrivere
in proprio in maniera non autorizzata e allenare quel ciuco di scrittore di mio
zio, ultimamente mi sono riportato a casa uno di quei tomi grossi che ti
tengono compagnia per un po' di tempo (in questo tempo gelido). Si tratta della
biografia di James Joyce ad opera di Richard Ellmann, 1964, un biografo che
molto ha scritto sugli autori irlandesi, vedi anche Wilde e Yeats e che di
Joyce è probabilmente il biografo.
La biografia come
genere letterario mi interessa sempre, sia che venga ridimensionato il
fattore fiction, a tutto vantaggio del rigore scientifico,
produttivo (produttivo di materiali biografici in buono stato, ricostruzioni
affidabili di eventi, inchieste, dati, date ed emersione di fatti...); sia, mi
interessa, quando venga fatta maramaldeggiando, ovvero scrivendo delle
biografie romanzate, sbrigliando la fantasia. Si potrebbe discutere che anche
la prima variante di biografia, quella più "seria", sia in qualche
misura narrativa, ché vuoi mettere raccontare le peripezie di Joyce in giro per
il mondo o le piaghe da decubito di Proust, ce ne passa... ma si dovrà
convenire che sono due generi completamente diversi, letti e prodotti con
intenti ed esiti di gran lunga differenti. Cionondimeno come dicono quelli bravi,
non è qui la sede per indagarne o perorare l’una o l’altra causa, tanto più che
la biografia di Ellamann è una biografia cronoistoriata
e filologica del "primo tipo"… come le migliori biografie del
"primo tipo" sono e devono essere.
Così la cosa che mi ha
colpito di più della vita di Joyce, oltre alle risapute rocambolesche sventure
finanziarie dell'autore, è che il nostro caro bardo dublinese faceva una cosa
che io nella mia idiozia avevo relegato al passato, all'antico, in un
mondo dantesco, cioè che nei suoi libri faceva dei regolamenti di conti contro
amici e nemici (anche non direttamente suoi, ma dell'altrettanto rocambolesco
padre), sistemava simpatie ed antipatie attraverso la letteratura. Non si
tratta semplicemente di dire che uno quando riscrive i fatti della
propria vita li modifica un po', facendoli andare nella narrativa come gli
sarebbe piaciuto andassero nella vita (questa è una cosa che semmai dimostra un
disperato amore per la vita). Si tratta proprio di mandare all'inferno, come faceva
Dante il quale per l'appunto garbava 'na cifra a Joyce oppure lo stesso
grandioso Bulgakov, o smerdare con un ritratto ignominioso, con delle
insulse descrizioni, persone che in un modo o nell'altro abbiano urtato
l'autore nel corso della vita. La letteratura come arma di vendetta e
risanamento di un torto. E non basta: pare che Joyce stesso, pur non avendo
ancora scritto nulla, usasse lo spettro della sua opera futura come
un'arma di intimidazione nei confronti di chi non gli andava a genio, un po' come
per tenerlo sull'avviso, come a dire, vedi che devi fare, io quando sarà ti
eternizzerò in questa maniera qua. Tiè.
Le potenziali vittime
erano terrorizzate dalla sua penna, dello sfregio immortale che il suo rasoio
letterario gli avrebbe lasciato nella letteratura, erano sicuri cioè che quella
figura denutrita e fusiforme avrebbe sicuramente scritto opere immortali e li
avrebbe puniti lì dentro per le loro malefatte. Uno dei casi più eclatanti
riguarda lo scrittore Oliver St. John Gogarty che, storia vera, nel settembre
del 1904 aprì per sei giorni la sua Torre Martello a Sandycove a James Joyce.
Tra i due non correva buon sangue già da un po', Joyce non sarebbe rimasto lì
per molto tempo, ma la convivenza con Gogarty (e con un altro squinternato, Samuel
Trench) fu più breve del previsto... una notte infatti Trench si sognava di
essere azzannato da una pantera e prese la rivoltella e cominciò a sparare
verso il letto di Joyce, e poi si rimise a dormire placido... poco dopo, Trench
lanciò un altro urlo, allora Gogarty lo anticipò gridando "non ti
preoccupare, ci penso io stavolta" e sparò al pentolame sopra la testa di
Joyce che scappò impanicato dalla Torre per non rimetterci più piede. Da allora
tra i due si ruppe ogni rapporto e Joyce promise solennemente all'amico che si
sarebbe vendicato umiliandolo e denigrandolo in un suo libro. Anni dopo, in
occasione del suo primo ritorno a Dublino dopo essersi installato a Trieste,
Gogarty, ormai divenuto un pacioso borghesotto dublinese, provò in tutte le
maniere a riappacificarsi con Joyce che non ne volle sapere... L'unico motivo
che spingeva Gogarty a umiliarsi davanti a Joyce pregandolo in mille lingue di
perdonarlo era che non voleva essere immortalato in malo modo dal perfido amico
che, ci aveva visto giusto, fu di parola e mantenne caldo per Gogarty un
posto d'onore, nel suo Ulisse, dove
nei panni del paffuto e solenne insopportabile Buck Mulligan dà addirittura
l'abbrivio alla narrazione che si apre proprio su questo ragazzotto altezzoso e
dal linguaggio ampolloso che si fa la barba sulla piazzola di tiro della
torre martello, benedicendo con sicumera la terra e il mare col pennello e il
bacile per la barba. Insomma, peggio di così era difficile che andasse a
Gogarty, ridicolizzato sin dalla primissima pagina di uno dei libri più
importanti della storia della letteratura.
Ora, mentre scendevo
giù al porto per fare due passi sotto il gelo, mi è venuto proprio in mente
questo, che Berlusconi da poco decaduto da senatore, invece di mettersi a
pistolare di qua e di là ancora in politica, si poteva mettere a scrivere
finalmente con tutto agio un bel romanzo di questi suoi anni e vendicarsi colla
letteratura, invece che coi giornali e le televisioni, dei suoi amici e dei
suoi nemici. Questa sì che sarebbe una bella mossa, una mossa da elegantone, da
statista e romanzista... sarebbe fare un passo avanti invece che il solito
invocato passo indietro (altra espressione dell'anno). E non è detto che il suo
non diventi una grande pietra miliare della nostra letteratura... dove s'è
visto mai un presidente del consiglio premio nobel della letteratura (o, in
subordine, premio Strega)? Dite che un politico non può... Guardate io di
letteratura me ne intendo poco, sennò non starei a leggere le biografie che so'
la cosa più facile da capire, ma una delle sere passate un serio e preparato
uomo politico, un politico di professione, alle prese con il pochissimo umile
scrittore autocelebrativo Aldo Busi ha dimostrato che un politico può benissimo
raccontare le cose e raccontarsi meglio di un narratore professionista, anche
stilisticamente, quindi non vedrei niente di male a tentarsi con la narrativa,
o la poesia, per Berlusconi (tanto peggio di Saviano è difficile andare)... io
d'altronde alleno mio zio scrittore ex carpentiere, sono quindi abituato a
queste metamorfosi, posso benissimo seguire anche le sue incursioni
letterarie... certo di concorrenza là ce ne avrei tanta, dato che il tycoon
Berlusconi detiene la scuderia di scrittori più numerosa e in vetrina che ci
sia in Italia, trasversale a tutto il sistema dell'editoria, sia da destra che
da sinistra, quella scuderia che ha inventato il berlusconismo e, soprattutto,
l'anti-berlusconismo... ma l'ex senatore non deve partire sfiduciato ché
di tempo per studiare e affinarsi ce ne ha ancora, è vecchio perché è vecchio,
vabbene, ma ha dalla sua le cure dei migliori medici e delle residenze
riscaldate e confortevoli, con tanti bagni e vasche idromassaggio,
stanze, computer e tastiere sempre pulite e in ordine, una donna che lo
ama, dei figli che gli vogliono un bene dell'anima, le condizioni per essere
lasciato in pace non dovrebbero mancargli... Speriamo che ci pensi bene. Invece
che affidarsi ai servizi sociali, però, avrebbe potuto affidarsi ai servizi di
un editor... ne ha tanti (oppure fare lui l'editor a qualche scrittore
scarsuccio della casata). Ma senza fare il furbetto come al suo solito. Deve
scrivere lui, di suo pungo, è grande ormai, deve imparare a fare da solo, basta
di farsi scrivere sempre dagli altri... Secondo
me, a esser giusti, deve scrivere un romanzo tutto suo sulla vecchiaia, un
romanzo epistolare, lo può chiamare Lettere
a Emilio, un romanzo sulla saggezza, o su quello che ci ha capito lui,
basta insomma romanzi politici, calcistici o d'amore come ha scritto in questi
ultimi trent'anni. Roba nuova. Vediamo che ne vien fuori.
A quel punto, pensa pensa, cammina cammina, ero arrivato in fondo al molo e allungando lo sguardo, tra le nuvole gonfie, la foschia e la notte nerissima che calava a palate, ecco che il faro luccicoso mi sembrava sempre di più una torre, al tutto simile alla torre martello di Joyce, a Sandycove, a pochi chilometri da Dublino... mentre sgranavo gli occhi incredulo, fui raggiunto dal fragore di alcuni spari di pistola che quasi fermarono quel vento impazzito sull'Adriatico... ci furono anche delle grida di donna in lontananza, un gran trambusto... e dalla torre un uomo alto e magro e affannato mi passò accanto correndo a tutta velocità, quasi incollandomisi, come uno che scappi a piedi dopo una rapina dove sono morti tutti i suoi complici... lo chiamai più volte a gran voce... ma non si fermò.
Anche io l'altra sera ho pensato che Berlusconi dovrebbe scrivere una sua autobiografia, così finalmente potrebbe sfogarsi come si deve contro quelli che definisce i suoi persecutori ;-) Secondo me ne verrebbe fuori un'opera di fiction niente male. :-D
RispondiEliminaL'importante è che continui a fare reati e si faccia condannare ancora un altro paio di volte. Il maledettismo giudiziario pare essere una delle tendenze maggioritarie nel pubblico dei lettori italiani. Berlusconi per ora mi pare sia stato condannato una volta sola e non a caso è considerato dagli analisti editoriali un pivello a confronto dello scrittore Grillo che s'è portato molto più avanti col discorso. Vediamo come evolve il mercato....
RispondiEliminaBrano interessante, che cattura, da leggere forse in compagnia di Landolfi (mi ha illuminato il tuo lapsus o refuso o gioco: "mare" "bare". Mi ha fatto rivedere il titolo del libro di Landolfi: "La biere du pecheur" con i due sottotitoli in edizione Longanesi del 1971: "La bara del peccatore" "La birra del pescatore"; e poi con "mare", mi è tornato in mente il landolfiano "Il mar delle blatte").
RispondiEliminaCatturano le tue passeggiate narrative tra Joyce (a proposito: che ne pensi della nuova traduzione dell'Ulisse fatta da Celati? Io ancora non l'ho letta), Berlusconi, Proust, Rousseau, Fede...
Non sono tuttavia d'accordo sulla tua affermazione di "modesto scrittore" riferita a Busi.
Buona domenica. Un abbraccio,
Subhaga Gaetano Failla
Ciao Gaetano. Grazie d'essere passato.
RispondiEliminaSulla versione di Celati avevo scritto qualcosa qui: http://ilpontelunare.blogspot.it/search/label/Gianni%20Celati; ho scritto qualcosa anche della traduzione di Newton.
Diciamo che sono due esperimenti che non mi entusiasmano molto. Inutile che presentino il testo senza l'apparato critico cercando in ogni modo possibile di semplificare... sono insopportabili queste tendenze "faciliste" degli ultimi anni in ogni campo, dalla politica alla letteratura. Joyce è uno degli scrittori più difficili in assoluto, per raccapezzarcisi un po' ci vogliono anni... Poi vabbè ognuno lo legga come crede (o non lo legga, o lo legga senza gli appoggi, come un fiume di parole) ma senza la guida e senza una presa consapevole sugli episodi mi sembra un'impresa inutile.
Sul livello della traduzione, la più valida resta senza dubbio quella di De Angelis, nonostante avessi molte aspettative sulla traduzione di Celati. Messe una di fianco all'altra, quel tocco "magico" lo ritrovi in quella di De Angelis, la celatiana è meno bella.
Bare è stato un refuso vero, come me ne capitano tantissimi, alcuni esilaranti. Non avevo pensato a Landolfi... ma a ben pensarci anche questo non-pensiero può essere un refuso in fin dei conti...
Su Busi penso non ci troveremo mai d'accordo.
Un caro saluto