La bestemmia del femore (dal Diario nullo, giorno braso)




dicembre 2017, giorno braso


Stamattina al bar c'erano la signora bionda e il marito brizzolato che ogni mattina fanno colazione con il cornetto vuoto e il cappucciotto. Lei dopo la colazione si fuma una sigaretta centos, quelle lunghe, tutte bianche, pure il filtro, e va a lavoro. Lavora, da quello che ho capito, come contabile (contaballe, la sfotte il marito) in una azienda con il curatore fallimentare in casa. 
"Tra un po' ci mettono i sigilli" dice lei. 
Il marito non credo lavori. Forse è un giovane pensionato, forse ha un lavoro che lavora a casa. Me lo immagino come scrittore di fantascienza.
  
Nemmeno oggi hanno fatto a meno del rito della colazione al bar. Lo dico perché, da quel che sento, il padre di lei, una quasi ottantenne, si è rotto il femore, cadendo mentre provava a fare una cosa che stride assai con i suoi ottant'anni: si era arrampicato su una scaletta a pioli per staccare una tenda dalla stecca della finestra grande. Hanno una casa tutta grande e pure le finestre sono grandi: le finestre di quella casa danno l'idea di ridere, come quelle del film. Che ne so io della loro casa? 
Abitano lì vicino. Una villona lungo la strada nazionale. Lei dei sigilli se ne infischia.

Mentre scendeva dalla scaletta, con un lembo della tenda in mano e un gancio saltato, il padre della contaballe ha messo male il piede ed è piombato giù. 
Ambulanza, ricovero coatto, oggi o al più tardi domani operazione al femore. 
Ora la figlia vive la tortura di dover servire per chissà quanto questo babbo testone, e tutti hanno paura che ci tirerà le cuoia su quel femore. E' una prassi abbastanza consolidata negli anziani: la rottura del femore come fine vita - dei non pochi anziani che ho conosciuto l'unica che sia risorta dopo la frattura del femore, quel gran donnone della nonna poetessa. Ma la nonna poetessa era rara, come rara è la poesia d'altronde. 
La figlia, davanti all'ultimo boccone di cornetto, si lamenta con il marito e con un nuovo avventore che li conosce, si lamenta per la vita che il padre da qualche anno conduce: sostiene che non ha mai accettato la vecchiaia e che ha continuato a fare la vita che faceva prima, senza rendersi conto che la vecchiaia è fragilità della persona. Che bisogna starsene a cuccia nel letto. 
Il nuovo avventore, che è lì per un caffè semplice e veloce come me, per giunta in tuta da corriere espresso Bartolini, ascolta come si ascolta una persona che si trova in un momento della vita in cui non ha bisogno di ragionare ma solo di farsi compatire. Sembra avere pareri diversi ma non li confida, forse pure perché non ha tempo da perdere in discorsi. 
Anche a me qualcosa non quadra. Non mi quadra che qualcuno dica che è disposto a curare chi ama per i malanni che Iddio gli manda - "naturalmente" - ma non per la testa matta di andarseli a cercare da solo con le proprie gambe. Sospetto che anche il corriere abbia gli stessi pensieri. Mi viene di pensare che se uno crede in quell'Iddio lì, e lo invoca come mandante di malanni o salute, e lo declina come essere superiore, onnisciente onnipotente e via discorrendo, allora dovrà accreditarlo anche come mandante di teste matte che preferiscono cercarsi da sé i propri malanni piuttosto che farseli trovare belli che pronti dall'Iddio. E' una forma di onnipotenza pure quella.
Mi pare quindi che la figlia non abbia capito il padre e non l'apprezzi per il suo spirito creativo (per altro donatogli dall'Iddio). In certo qual senso, come tante volte succede, la figlia non merita il padre. E bestemmia i suoi maggiori, Iddio compreso, spregiando un dono che l'Altissimo gli ha fatto: la testa matta. 

Un'ultima cosa: il padre lo conosco. Veniva pure lui al bar. Uno di quei vecchietti che comprano il viagra e fanno vedere la scatolina ai compagni, ridendo da matti. "Non rimpiango niente! Rifarei tutto!".
Diceva sempre che voleva schiattare sopra la femmina. "Ché morire di femore era proprio una bestemmia". 
Insomma non si può nemmeno dire che se lo sia proprio cercato cercato. 


  

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