Kurt Vonnegut

E' risaputo in tutto il mondo che le migliori letture e le migliori riflessioni sbocciano sulla tavoletta del cesso. Per quanto mi riguarda, oltre al gabinetto, che è, lo ripeto, l'habitat naturale dei filosofi (da cui anche la mia variante personale marina del casotto), c'è un altro luogo foriero per me di ispirazioni, sono i mezzi di trasporto, meglioancora se pubblici (guidare e leggere insieme non lo so fare... so' limitato) - non è un caso che le mie migliori letture e trovate le abbia avute facendo lo yoyò in metropolitana quando scarpinavo da un capo all'altro della città. 
Bei tempi. 
Nell'ultimo periodo, invece, mi tiene compagnia nei miei viaggi corporali uno scrittore americano, Kurt Vonnegut. Mi pare di poter dire che questo narratore ha prevalentemente due facce, una da adolescente coi brufoli e l'immaginario pieno di eroi dei fumetti intergalattici, l'altra da scrittore di razza. Sembra incredibile ma Vonnegut accumula pagine di assoluta fregnacceria pseudo-fantascientifica, non-sense, kitscheria yankee, un demenziale non riuscito, quadri narrativi che non stanno né in cielo né in terra e poi tira fuori come nulla fosse, come seguendo il flusso delle sue corbellerie, dei capitoli che non è azzardato considerare perfetti, per brio, analisi, pensiero, inventiva. Non sono sicuramente un esperto del pianeta Vonnegut, ma Mattatoio n.5, La colazione dei campioni e Cronosisma mi sono parsi, tra un cambio stazione e l'altro, proprio così. 
Debbo altresì confessare che uno dei personaggi suoi più ricorrenti e riusciti, sarà che parla una lingua talmente sciocca, surreale e da sitcom (sembra un vecchio nerd cresciuto a fame e televisione), lo scrittore di fantascienza Kilgore Trout, non mi piace per niente. Sempre sul punto di dire una battuta-madre, Trout finisce per fare la collezione di una scemenza dopo l'altra e non si capisce se sia fatto apposta oppure no, ma è un attrezzo umoristico che funziona poco, secondo me. Dalla parte di Trout c'è perlomeno che disdegna gli uomini di cultura, i letterati vecchio stampo e i cattedratici... un po' come tutti gli scrittori di fantascienza o di genere... in generale. Vonnegut si compiace di spacciarcelo sottobanco come un genio... chissà se non c'ha ragione. Di sicuro è un personaggio che mette l'orticaria e non ispira alcuna simpatia. Vabbè, manco Renzo Tramaglino. E si tira annanzi normalmente. 

Nonostante tutto questo, comunque, da una decina di giorni non riesco a staccarmi dai libri di Vonnegut, sarà che quando meno te l'aspetti gli spuntano sulle dita delle sintesi (queste sì) davvero geniali e allora pazienza che c'abbia bisogno di bruciare tanta benzina a vuoto per arrivarci... (non sarà anche qui il piacere, e la bellezza, della fiction letteraria? della letteratura?).

Sì, lo so, non mi guardate così, qua ora dovrei mettere delle citazioni a supporto delle mie affermazioni, ma non ho alcuna voglia di andare sopra cercarle e spiaccicarle quassopra. Se vi fidate bene, sennò pazienza. Cacherò lo stesso. 

Vorrei precisare da ultimo che erano anni che lo dovevo leggere 'sto Vonnegut e me ne era sempre mancata occasione. Anni veramente. Da quando cioè, io ero un frichinetto che scriveva delle storielle che andava facendo leggere qua e là (un po' come mò), uno mi disse che scrivevo cose demenziali - o disse "da demente?" - , più o meno alla maniera di uno scrittore americano che si chiamava Kurt Vonnegut pubblicato in Italia da Feltrinelli. Brrrrrr... 
A differenza di molti che sarebbero scattati subito alla biblioteca comunale a vedere chi cazz'era sto tizio e come scriveva, io che c'ho sempre avuto sta fissa di non fare come gli altri, non ci andai, magari facendoci rimanere pure male quello che me l'aveva detto... ma a me della letteratura non me n'è mai fregato niente quindi.... cacavo lo stesso. 
Oggi, a distanza di tanti anni, posso dire storpiando un po' Johnny Stecchino che "non gli somiglio pe' gnente", ma se vi devo dire se so' arrivato a capire adesso, dopo che l'ho letto,  se il paragone fu uno sberleffo o un complimento, ancora non l'ho capito, no. 

Commenti

  1. Vonnegut è la sua faccia (un po' come Johnny Stecchino - basta guardarlo proprio adesso -, il miglior personaggio di Benigni: altro che Oscar a "La vita è merce"!).
    Kurt Vonnegut è quell'amico che se è assente non escono mai insieme, nemmeno per andare al bar, Mark Twain e P.K. Dick (e Burroughs si fa vivo solo per telefono).
    Così va la vita.

    Subhaga Gaetano Failla

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  2. P.S.
    Il Burroughs telefonico è William (non Edgar Rice, quello di Tarzan)

    S.G.F.

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  3. Non l'ho mai letto nemmeno io, sebbene me lo abbiano consigliato spesso.

    Che dire? Mi hai incuriosito.

    E, come mi disse una volta un amico, a volte servono periodo piatti per far risaltare meglio un passaggio, una frase, una parola. Credo che la letteratura sia anche questo.

    Ciao Dinamo. :-)

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  4. @Gaetano,

    Non ho ben capito i commenti però se posso permettermi ti sbagli a dire che Johnny Stecchino è il miglior personaggio di Benigni. Quello fu un film abbastanza furbastro che non rappresenta molto di Benigni. per me il miglior Benigni è quello di Berlinguer ti voglio bene di Bertolucci (la faccia più vera di Benigni è Cioni Mario), oppure Chiedo Asilo di Ferreri, il maestro del Minestrone di Citti... ed anche quello in coppia con Massimo Troisi.
    Almeno così la vedo io.

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  5. @Biancaneve

    Il fatto di Vonnegut non è tanto che ha parti piatte e altre acuminate. Semplicemente delle volte parte per la tangente con fantasie sbilenche, senza alcuna simmetria interna, sgagheratezze che (non saprei come dire) non stanno proprio in piedi.

    Comunque, è un piacere risentirti, vengo spesso sul tuo, ma ultimamente ti sento un po' giù di corda. Spero sia solo un'impressione. E' anche la forma blog che dopo un po' deprime.
    Un caro saluto


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    Risposte
    1. @ Dinamo
      Sì, piacciono anche a me i film di Benigni che hai citato, in special modo l'atmosfera fanciullesca e realmente giocosa di "Non ci resta che piangere"; ma aggiungo anche, per i miei gusti, il film a episodi, un po' sparito dalla circolazione, "Tu mi turbi".
      "Johnny Stecchino" è per me il film più carico di invenzioni e al contempo quello che riesce a ben sostenere l'armonia complessiva delle vicende. Molti altri suoi film non reggono l'unitarietà e inoltre hanno salti di registro narrativo (oltre a quelli eccessivamente ambiziosi o disastrosi, come "Pinocchio", per citare un disastro).

      Il mio commento criptico voleva far riferimento alla vera e propria faccia di Vonnegut (in una delle sue foto più diffuse si vede un uomo con un'espressione tra il monello alla Tom Sawyer, una quieta bonarietà e una vaga ombra di inquietudine). La scrittura di Vonnegut mi richiama in qualche modo Mark Twain, appunto, certe inquietudini alla P.K. Dick (ma più mitigate da un approccio sinceramente "peace and love"), con tentativi di scrittura (ma qui molto probabilmente esagero) alla William Burroughs.
      La frase finale da me scritta in chiusura del commento precedente, "Così va la vita", per chi non lo sapesse, è un omaggio a "Mattatoio n. 5", forse il romanzo più noto di Vonnegut, dove tale frase viene più volte ripetuta.
      S.G.F.

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    2. Anche per me Il Pinocchio di Benigni fu un disastro....

      Su Vonnegut mi piacerebbe però sapere di più visto che lo conosci bene. Hai avuto pure tu la sensazione di una "discontinuità" tra due livelli narrativi che non c'azzeccano l'uno con l'altro per maturità, tenuta stilistica, equilibrio formale?
      Mi è capitato di pensare più volte mentre lo leggevo che le parti più bislacche e "malfatte" siano in parte parodistiche del genere fantascientifico, ma non ne sono tanto sicuro pure perché tra le tante cose di cui non mi intendo non mi intendo di fantascienza.

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    3. Secondo me, Dinamo, l'elemento prevalente in molti romanzi di Vonnegut è il grottesco, che a volte vira nell'humor nero, come in "Il grande tiratore" o nella satira vertiginosa, come nel notevole libretto "Dio la benedica, dott. Kevorkian", il cui titolo riporta programmaticamente il nome del cosiddetto "dottor morte". Quel senso di "divergenza" che tu noti, mi sembra, fa parte forse di certe radici controculturali anni Sessanta proprie di Vonnegut, che lo avvicinano a quel senso quietamente psichedelico di alcuni romanzi di Tom Robbins (autore, tra gli altri libri, del purtroppo dimenticato "Natura morta con picchio").
      E sì, forse la fantascienza è per Vonnegut un semplice pretesto giocoso e/o psichedelico, alla maniera delle fantasie di Swift, al quale il Nostro viene più volte accostato, oppure, per i nostri tempi, ai modi di certe allegrie visionarie alla Sheckley.

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    4. L'anonimo di prima sono sempre io: S.G.F.

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    5. Mi sa che il grottesco è sempre un po' scivoloso. A farsi prendere la mano, mostra la corda. Vonnegut mi sembra a volte in questi panni qua. Mi piace di più quando parte dal biografico.

      Grazie del bel commento, Gaetano.

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    6. Ciao Dinamo,
      no, non sono giù di corda, sicuramente ho dato alla mia vita una direzione nell'impegno dell'attivismo che mi prende molte energie e poi ci sono stati dei cambiamenti e altre cose che forse per un po' mi hanno sbalestrata, ma sono crisi fisiologiche (crisi nel senso di rinnovamento, cambiamento) che periodicamente ci sono e fanno anche bene. Diciamo che al blog mi dedico un po' meno rispetto a un tempo, pubblico, ma pezzi più brevi, scritti di getto, mi sto dedicando però ad altri progetti, lavoricchio... insomma, non sono giù, solo più presa da tante cose ecco. ;-)

      E tu, come stai? Anche io ho letto sempre i tuoi pezzi, i tuoi racconti, pure se non ho commentato (per pigrizia). :-)

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    7. Meglio allora, mi fa piacere sia un periodo di rinnovamenti.

      Io pure sto in un periodo di cambiamenti. Mò bisogna vedere che cosa cambio e cosa mi tengo. Ricomincio da 2,5

      Ciao Rita,
      un abbraccio

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