Lo scrittore abolito



Una mattina, uno scrittore di storie e lingue provinciali si svegliò verso le sette perché doveva accompagnare qualche vetusto famiglio a fare una visita specialistica di cui si perdeva nel brodo dei ricordi il giorno che l'avevano prenotata insieme per telefono direttamente al c.u.p. del capoluogo. Cup è termine ambiguo a dire il vero che faceva tornare in mente allo scrittore svogliato e imbolsito di provincia che così si diceva da giovani (cup) quando si voleva marinare la scuola o gli impegni gravosi della vita. C'era chi aveva avanzato che Cup fosse in realtà un acronimo (quindi c.u.p come all'ospedale proprio, anche se la gente non diceva che andava al c.u.p a prenotare le visite ma che andava a lu tiket) l'acronimo che vorrebbe dire compagni uniamoci partiamo detto che serviva per marinare la vita. Mah, difficile risalire all'etimologia del termine e di per sé, si disse il buon uomo, era un fatto comunque di per sé altamente secondario, anche se come disertore di impegni lui era sempre stato un campione d'abruzzi e molise. 
Era presto, lo scrittore sfaticato riarrotolò l'avvolgibile della serranda e scrutò di fuori un'aria spessa e calda, sicuramente irrespirabile con un sole che spaccava le pietre... hihhhh. 
Per tutta risposta e con somma irriguardosità per la sua sanità fisica, si ficcò una sigaretta in bocca e cominciò a poppare a pieni polmoni già prima di prendere la colazione e si diresse in babbucce fino alla cucina confinante. Mentre tramestava con lo stipetto delle provviste e il gas, vide che c'era alla televisione la7 uno di quei parlamenti di politica dove sono invitati tanti giornalisti che ciangottano invano ma lo fanno con grande impegno e ciò è molto tenero, alla fine. Un tempo aveva trovato simpatica quella compagnia, anche oggi di tanto in tanto ne traeva scorciato godimento, ma ormai dopo essersi rotto il collo finanziariamente parlando tante volte, la cosa che ora lo attizzava di più verso la tv era quel dono, quella malagrazia felina diciamo che la tv sa dare agli spettatori cioè di riempire di rumorini il sottobosco sempre più vuoto d'affetti della casa. 
Pronta la colazione, dispose tutto secondo il suo gusto sul tavolo e gli si mise davanti a questa colazione come davanti ad una mangiatoia. 
Qui avvenne la prima scossa: il telegiornale aggiornò lo scrittore della novità occorsa in Sicilia dove i governanti erano riusciti ad abolire le province. Fu una notizia sconvolgente per il nostro scrittorucolo di poche risorse. Se gli avessero ordinato di magnarsi 'na merda per colazione, l'avrebbe fatto, pur di non sentire questa sciagurata notizia. La prima cosa che pensò fu se i nostri politici anche nazionali dovessero abolire tutte le province, io di che cosa scriverei più?
Domanda in effetti abbastanza sensata. 
Uscì fuori a farsi n'altra sigaretta. Sull'aia scorrazzava la sua gallina storica dal nome Minni (come la moglie di Topolino), trovata per una strada campagnola e portata a casa anni fa con l'unico intento di amarla e onorarla (data la sua bellezza gallina) e di averne in cambio solo quelle tre ovette settimanali per farcisi la frittata. Non si sarebbe mai sognato di tirarle il collo come facevano i suoi nonni o di farci il brodo. L'amore disinteressato per i volatili ed il pollame glielo aveva trasmesso il padre che da pargoletto si era innamorato di un tacchino del pollaio paterno con la fine tragica del loro amore che tutti possono facilmente immaginare. 
Nonostante la radiosa libertà di cui godeva e di cui saltuariamente si pavoneggiava, anche Minni quella mattina aveva le sue paturnie, ed erano giorni e giorni che non covava. Minni lo ignorò continuando a zampettare in avanti col collo e con l'ignoranza di Minni anche la sua unica occasione di avere qualche consolazione da un proprio simile naufragò miseramente nell'aia. 
La moglie dello scrittore, infatti, era uscita prima di lui per recarsi al suo lavoro lontano dalla campagna, in luoghi chiusi e pieni di domande dove si sta seduti. 
Chiamò per telefono il padre, era lui il famiglio da visitare, per ricordargli di fare presto ché stava passando a prenderlo per andare all'ospedale a fare la visita specialistica summenzionata... visita che preoccupava tutti per la verità tranne che il padre che non ne capiva quasi più nulla ma annuiva come un reuccio pingue e rimbambito e si fregava le mani indecoroso, scollegandosi dalla realtà. 
Il padre confermò la visita, cioè che se ne ricordava ed era già in piedi da diverso tempo e camminava avanti e indietro per il cortiletto ma serenamente.
Quando lo scrittore arrivò dal padre, il padre montato in vocc alla macchina avvertì subito una preoccupazione del figlio, che scambiò per apprensione nei riguardi della sua salute, e gli disse di starsene tranquillo ché lui era tranquillo sapeva che per certe cose c'era una sola strada (e fece colle dita il disegno in aria di una lapide), pensa piuttosto a te, gli disse, che tieni na faccia da morto (al figlio). 
Lo scrittore disse "giù in Sicilia hanno abolito le province".
"Han fatt bone" rispose il padre senza capire il dramma del figlio che intanto parcheggiava in seconda fila vicino ad un edicolante per comprare il giornale ed avere un'ulteriore evidenza del dramma della sua carriera ed infine di sé stesso. Il padre vedendolo con il giornale in mano scosse la testa ridacchiando come sempre "tu ti compri sò giornale perché ti dice quello che vuoi sentire, ancora nnò l'hai capito? e fai lo scrittore... bà... che lavoro è poi fa' lo scrittore... tu non hai mai fatto niente in vita tua, manco un'ora di lavoro... per forza c'hai na faccia da morto... tu non c'arrivi agli anni miei". E all'improvviso allo scrittore figlio gli venne in mente Simenon che pure lui la madre non aveva mai capito che lavoro faceva il figlio e pensava che la sua ricchezza fosse frutto di affari illeciti e poco chiari... almeno lui ricco non era, il padre non poteva pensare a male. Pensava solo che era un cojone. 
Alla fine anche il giornale diceva lo stesso della tv, strano veramente a dirsi e ripresero la marcia schizzando a tutta birra. Sbucarono davanti all'ospedale, trovarono posto e braccio a braccio si fecero visitare da un esperto di salute degli anziani. 




***



Tempo ne passò da quel giorno e senza tossire, come fa sempre il tempo galantuomo, bisogna riconoscerglielo, e lo scrittore come di routine per quelli di mente facile o quelli che mangiano pane e scordarella, si dimenticò il dramma che gli aveva mozzato il respiro quel dì e tornò a trastullarsi nella propria vita privata di scrittore di storie e lingue di provincia eterna. Probabilmente la tv non ne aveva parlato più tanto di quel fatto abrogativo oppure lui aveva trascurato la tv, tanto fu che in un angolino del suo cervello accadde che pensò che se non pensava alla cosa, cioè al suo drammatico e annichilente destino di scrittore di provincia dopo l'abolizione delle province, la cosa non l'avrebbe toccato più, un po' come quando si mette da parte sotto un soprammobile o un coccio un pagamento sperando che quello si paghi da solo ma poi quello non si paga da solo. 
Invece lo scatto della tagliola era nell'aria, povero pennaiuolo, e un'altra mattina, (ché le mattine non fatele buone), di non meglio specificato mese, lo scrittore ci lasciò la zampa. 
La moglie era tornata lei con il giornale in mano cantandogli in faccia, con noncuranza, la notizia che il parlamento era d'accordo sul togliere le province e che era cosa quasi fatta. Lo scrittore già non si sentiva tanto bene ma quella informazione fu la mazzata sopra la nuca che gli fece sputare l'anima. La moglie là per là non lo notò subito ma poi mirandolo meglio vide che il marito diventava sempre più sbiadito ed opaco e decise di non accimentarlo più di tanto, ché anche gli scrittori hanno le loro giornate storte (pur non facendo un cazzo dalla mattina alla sera). 
A quel punto, l'uomo non poteva fare più finta di nulla, negarlo a sé medesimo era impossibile, tanto più che l'accigliamento che la cosa gli arrecava era talmente forte e distruttivo che non si alzava più dal letto per giorni sani entrando di fatto nel tunnel di una depressione.     

Un giorno, a legge fatta ed approvata, mentre tutti i ministeri provinciali con annesse propaggini umane e disumane venivano disarmati e smantellati come soldati disertori o prigionieri, lo scrittore, ormai sull'orlo di una crisi di nervi ed allettato e trascurato da settimane, raccolse le sue poche e misere forze e si mise alla scrivania per meccanoscrivere al pc una mail conclusiva di estinzione contrattuale e di sé stesso al suo editore che faceva: "Caro editore X, sentito cosa balla nella testa dei nostri politici? e te ne sei restato così... senza fare niente... e allora che cazzo ce l'hai a fare una casa editrice? che ti avevo detto che avevo le ore contate? ma la provincia non aveva forse dato nella storia tanta letteratura all'editoria? Bene, è la fine. L'abolizione delle province sotterra ogni mia smania, ogni mia legittimità e giustificazione sul territorio letterario e reale (che poi sono la stessa cosa, porco demonio), io caro editore dei miei stivali sono uno scrittore abolito. Sono da rottamare peggio della classe politica. Con la presente lettera ti faccio conclusivamente sapere che mi dimetto da tuo dipendente e mi dimetto dalla letteratura. Addio (è un addio inappellabile). Manda a mia moglie le mie buste paga come al solito in arretrato e taci di noi e della trista situazione in cui versa il nostro mondo, sempre più grande e meno provinciale. Né tuo, né mio, (né) Io".

Non sappiamo se le buste arrivarono mai, però si sa che il giorno che anche la sua provincia fu amministrativamente emendata  ed alienata, lo scrittore sparì, letteralmente parlando, non sappiamo se tagliò la corda (magari, a detta della moglie, con una squinzia più giovane - tutte le mogli incarnano la loro vecchiaia in una teen ager di facili costumi che gli porta via il marito) oppure addirittura sparì, vanificato, nel vero senso della parola, volatilizzò, tanto era diventato piccino piccino, un pugnetto di ossa e polvere diceva qualcuno, ma fatto sta che di lui, il nostro più grande scrittore della provincia eterna, un monumento letterario della nostra terra, non s'è saputo più nulla. Si dice anche possa essere andato via per mare o sia naufragato miseramente seguendo la migrazione delle balene o dei tonni... 
Tornerà, dicono i vecchi, quando finalmente verrà ridata dignità al nostro distretto accorpato (hanno cambiato il nome ma la sostanza) provinciale... Oppure, dicono i cipressi del bar, non tornerà più... chi ci capisce è bravo veramente. 

Commenti

  1. siamo informa 'sti giorni! è l'aria?

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  2. un po' è l'aria primaverile, sì, un po' sono i dieci anni di ni, un po' la sfida di grasso a travaglio... e poi come sempre un po' è lilli gruber

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  3. oh, son diec'anni di ni? è un botto che non lo frequento... e non so perché... mah! Secondo il parere di almeno una dei suoi vicini trentini la Gruber di persona dev'essere un pezzo di ghiaccio... non sprechiamoci sugli archetipi! April's the cruellest month... per continuare coi luoghi comuni; ma contento che, invece, ti faccia bene al blog!

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    1. MESSAGGIO PROMOZIONALE

      DITTA TRASLOCHI "GRAZIE SNC"

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    2. Non è che questo è uno dei travestimenti della macchina del fango?

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    3. Quello è un camion...

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