Un lavoro pulito

Roberto Benigni, Franco Citti e Ninetto Davoli nel Minestrone
E' passato un anno da quando mia moglie è morta per colpa mia. La mia educazione mi impone di rispettare almeno l'anno di lutto, prima di quello nessun vedovo può risposarsi, né farsi troppo vedere con altre donne, né parlare fuori dai denti della moglie deceduta. Ora che l'anno è passato ne posso parlare. 

Io di lavoro faccio il ladro, il ladro, come si vedrà, onesto, e infatti ce la passiamo maluccio, guadagniamo briciole, noi gentiluomini del furtivo che siamo rimasti mezza dozzina in tutta l'Italia.
Mia moglie è morta di crepacuore aspettando che questo suo marito le riportasse la pagnotta, rubata, che sempre pagnotta è, si mangia lo stesso. 
Mia moglie me lo diceva sempre che non mi capiva, ma come, se sei ladro, sei ladro, invece io mi ostinavo ad essere un ladro gentiluomo (la mia passionaccia per le sfumature). 
Ed è questa mia cavalleria ladronesca che ha portato mia moglie a perdere i nervi, e in contumacia la vita. 

Potrei raccontarvi tante storie del mio essere uomo di cortesia, ma vi racconto questa, così siamo tutti pari. Un giorno ero sopra un autobus della cittadella dove abitavo allora. Credo abitassi in Ascoli, era un sabato mattina, faceva un certo freddo, la guazza sopra i vetri e i tetti delle case, sopra l'aria, lo stadio Cino e Lillo Del Duca come un confettino mi sarebbe piaciuto mangiarlo tanto sembrava commestibile, non so perché, è anche decadente quello stadio, ma sembrava un cemento dolcissimo, le strade frigide e grige, era un sabato mattino davvero italiano, come dice la canzoncina, io ero lieto come non mai. E giravo. Giravo ingiostrato dentro l'autobus, non pensavo nemmeno più che ero uscito come tutte le mattine per portare a casa un po' di roba arrubbata. Cercavo del lavoro facile, senza troppo impegno. Sarei anzi andato di certo a vedere di racimolare qualche mela, un casco di banane, un fascio di spaghetti... per me e la mia povera moglie cardiopatica. Ma non mi decidevo a scendere giù dal trabiccolo che mi portava a zonzo per quella bella atmosfera... 

Ecco allora che di punto in bianco entra nella pancia del postale questo nugolo di sciatori di ritorno. Erano evidentemente stati nella montagna, non so se a sciare o che, ma erano tanti, tutti felici e paonazzi e turgidi dal freddo che li confortava nei loro cappottoni imbottiti. Erano ragazzi, poco più che ventenni, cui la vita sorrideva a trentadue denti... ragazzi di certo della costa che erano andati a sgranchirsi le gambe in alta montagna. Uno parlava della sua officina di meccanico che andava a gonfie vele, un altro parlava sempre del suo motorino truccato, un altro parlava solo di cani lupo o del suo lavoro di mobiliere, una ragazza era cassiera di bottega ed amava sopra a ogni cosa la montagna e le escursioni, e amava tantissimo la sorella che studiava per fare la maestra... questa era una ragazza di bellissime fattezze, di una pelle levigata e lucida al tatto (anche se non l'ho toccata) come un tazzina uscita dalla lavastoviglie che scricchiola sotto le dita, c'era un omone della compagnia che le faceva caro caro sul viso, una porcellana quel viso, e le dava dei bacetti sul collo ecc. Un gruppo simpatico che parlava del più e del meno e che mi mise ancora di più di buon umore, e rimasi così appollaiato sul mio sedile che era tutto un crogiolo di piacere, il nocciolo di una felicità amabile da cui non volevo staccarmi. 
Qui, mai mi sarei aspettato, vidi che scendendo la ragazza perlacea di cui sopra aveva lasciato nel retino del suo posto un buffo portamonete di colore rosa. Stavo già con un piede in balzo per afferrare quella specie di marsupino e chiamarla a gran voce per restituirglielo quando cazzarola mi apparve come un santino la faccia della cardiopatica di mia moglie che aveva impegnato ogni cosa di oro e servizi in quegli anni, che sapevo in quel momento stava girando attorno al tavolo dall'ansia che io fossi uscito ed era in pensiero, e dovevo riportarle qualcosa da bollire, fossero anche solo piume di gallina, ladrodigalline quale sono, ma qualcosa da mettere nel bollitore, anche il latte in polvere dei neonati, o i plasmon, tutto fa brodo... E allora tornai in me, nella mia calzamaglia nera di ladro, e agguantai senza più esitare il portafoglio, rosa o non rosa, di una ragazza di porcellana o d'una racchia ormai non era più affar mio. Aprii. C'erano le solite cose. Alcune banconote, per un importo pari ad una ottantina di euro; c'erano dei biglietti vecchi del bus obliterati; le varie carte di riconoscimento e la patente della macchina; una tessera del bancomat, senza codice; alcuni ricordini di quando c'era la lira tipo mille lire e la Montessori schiaffata davanti; spiccioletti vari e una caramellina alla liquirizia. 
La mia signorilità fu evidente. Rubai solo le banconote, e gli spiccetti. Lasciai intonso il bancomat, quando conoscevo benissimo tangheri che sapevano alla perfezione ripulire un conto partendo da quella sola tessera, magari fingendosi il proprietario allo sportello della banca.
Rimisi il portamonete al suo posto, nella sua rete, con i documenti e tutto dentro. Eravamo al capolinea, quindi era sicuro che nel giro di pochi minuti, il tempo di accorgersi del pasticcio e la ragazza e i suoi amici avrebbero fatto delle chiamate al deposito dei postali e si sarebbero fiondati sul portafoglio. E avrebbero trovato un lavoro pulito e splendente. E in cuor loro, se non erano scemi, mi avrebbero ringraziato, perché ci sono colleghi che fanno i vandali coi portafogli, distruggono peggio della peste e dei cani randagi colla monnezza, e ti mandano a giro per comuni e caserme per rinnovare patenti carte d'identità bancomat carte di credito... 

Io no, ero e sono rimasto un ladro gentiluomo. Una persona precisa e chirurgica. Ho sempre preferito rubare ai poveri, perché c'hanno ancora qualche soldo nelle tasche, puoi fare sti furtarelli, invece di questi ricchi d'oggi che per rubargli un caffè, con tutte quelle carte di credito, devi avare una laurea in informatica... figuriamoci. Sono uno all'antica. Feci refurtiva con i soldi che c'erano e mi limitai a quelli. Mi ero degnamente guadagnato la giornata. 

Scesi dall'autobus, feci qualche passo fuori dalla stazioncina e mi infilai in uno dei miei ristoranti preferiti, a festeggiare beato...  

Commenti

  1. o. t.

    che fine ha fatto la cagnetta pennia? mi era così simpatica la piccola e tenera fuffi, non l'avrete mica passta al forno con contorno di patate e cipolle?

    i. t.

    un racconto splendido

    Mary O. Monti

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  2. o.t.

    ehhhhe che dici? Mary.
    Pennia è qua, arrampicata sulla mia spalla come un corvo poesco.
    Dopo aver letto le tue fandonie ha lanciato quattro latrati che m'h'assordito... te possino.


    i.t.

    una lettura perfetta

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  3. oh poverina la piccola pennia, mi pento e mi dolgo con tutto il cuoco di averla spaventata. si dà il caso che, non vedendola più in giro da queste parti, mi ero un po' preoccupata per lei e per la sua sorte; nel senso che, credendola consumata, mi rodeva non poco di non essere stata nemmeno invitata a un assaggio. qui il piatto piange...

    comunque ora sono felice che ci sia ancora e che cresca bella, forte e soprattutto grossa. dura tempora currunt...

    Mary O. Monti

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  4. Mary, pennia, fattene una ragione, non la mangio. E siccome sta sempre appollaiata sulla mia spalla, per prenderla, devi passare sul mio pen...nino.
    Tra l'altro, mi sono informato, non è tassabile, pennia. Basta vaccinarla e fare quelle cose lì. Sto tutto in regola.

    ps pennia è un levrino di dublino, altro che grassa.
    agile, veloce ed elegante, scatta come un proiettile... ha una passionaccia per i pub e la birra scura... ma non si può mica avere tutto, dalla penna

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  5. Bellissimo, leggere i tuoi racconti mi alleggerisce sempre l'anima, sono ventate di aria fresca.
    La storia del ladro gentiluomo mi ha ricordato il monologo di Proietti in La proprietà non è più un furto:

    https://www.youtube.com/watch?v=pmXyATGZ_so

    Ma una fotina di Pennia si può avere? :-)

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  6. Grazie Bianca, dei bei complimenti.
    E ti ringrazio del film di Petri, che nonostante sia stato troppo politico, è un regista che guardo spesso, anche perché molti suoi film li ha interpretati quel mostro sacro di attore che è Gian Maria Volonté. Poi ha fatto Sciascia ecc...
    Spassosa la scena della morte del ladro:))

    Pennia per ora non si fa tanto fotografare, teme rappresaglie da Mary (a ragione)... magari quando le sarà passata...

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    Risposte
    1. A me piace tanto Petri perché pure se, come dici tu, è troppo politico, riesce anche ad essere onirico ed astratto al tempo stesso; è molto calato nel sociale, ma riesce ad avere aperture esistenziali (una sorta di Ken Loach e Mike Leigh messi insieme, tanto per intenderci, ove il primo è sociale, il secondo esistenziale).
      Ad esempio hai visto I giorni contati? Ne avevo parlato sul blog, mi pare che avevi commentato pure tu (o forse Massimo Villivà, non ricordo).

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    2. No non avevo commentato io. Il film non l'ho visto....

      Mo mi hai messo curiosità col video di Proietti, vedrò quello per ora.

      ps in Todo Modo, seppure il libro di L S non fosse una satira contro la DC, e il film invece sì, mi ricordo un grande GMVolonté, un martiriologico Cicco Ingrassia e un perfetto Mastroianni. Il film ha una luce di sogno metallico... per dire che fa politica, ma ha una sua estetica, Petri, e niente male.

      pps se non l'hai visto, guardati il Minestrone (da cui l'immagine del post). ho visto che su youtube l'hanno messo tutto...

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